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Detrazione per i giovani in affitto più lunga . Fino a 31 anni nel 730/2023: potrebbe arrivare al 20% del canone annuo.
Comincia a fare effetto nel 730/2023, anno 2022, la detrazione rivisitata dal 1° gennaio 2022 (nel senso di rafforzata) per i giovani in affitto. La Legge di Bilancio dello scorso anno l’aveva infatti modificata su due fronti, sia economico che temporale. Vediamo allora quali cambiamenti inizieranno a toccarsi con mano nelle imminenti dichiarazioni 730 (per la cui elaborazione è già possibile prenotarsi con CAF ACLI). Per farlo delimitiamo subito il campo d’analisi, vale a dire la detrazione sulle spese di affitto specifica per i giovani inquilini che abbiano stipulato un contratto ai sensi della Legge 431/98.
Detrazione affitto giovani: estesa fino ai 31 anni non compiuti
La prima novità è presto detta, perché la manovra finanziaria 2022 ha spostato un poco più in là il limite anagrafico degli aventi diritto, allungandolo, cioè, dalla soglia dei 30 anni ai 31 “non ancora compiuti” quindi in pratica al di là del compimento dei 30 anni, fin quando il giovane non ne avrà appunto compiuti 31. Facciamo un esempio: poniamo il caso che l’inquilino abbia compiuto 30 anni a luglio 2021. Con le vecchie regole – quando la detrazione era applicata alla fascia 20-30 anni – questo inquilino avrebbe potuto far valere il beneficio fiscale solo fino all’anno 2021, perché il 2022 sarebbe stato quello del compimento del 31esimo anno. Viceversa adesso, essendo il limite spostato ai 31 non ancora compiuti, la detrazione gli verrà applicata anche ai mesi del 2022 (con effetto appunto nel 730/2023) antecedenti al compimento del 31esimo anno (quindi nel caso dell’esempio da gennaio a giugno 2022).Detrazione affitto giovani sui primi quattro anni di contratto
Altra novità, sempre di natura temporale, è stata il prolungamento del periodo contrattuale in cui la detrazione potrà essere applicata. Il legislatore ha infatti stabilito che il beneficio fiscale venga applicato (posto ovviamente il rispetto del requisito anagrafico del giovane locatario) nei primi quattro anni di contratto anziché nei soli primi tre (quindi, ad esempio, se il contratto viene stipulato nel 2022, la detrazione potrà essere fruita per gli anni dal 2022 al 2025 compreso).Detrazione affitto giovani anche su una parte della casa
Ci sono state poi due modifiche riguardo all’immobile oggetto di locazione, anch’esse migliorative ai fini della fruibilità della detrazione da parte dell’inquilino. Migliorative anzitutto perché viene introdotta la possibilità di applicare la detrazione non solo quando l’affitto riguarda l’intera unità immobiliare, ma anche se il ragazzo dovesse affittarne solo una parte, come ad esempio una singola stanza. Inoltre, a differenza di prima, quando la casa oggetto di locazione veniva individuata quale “unità immobiliare da destinare ad abitazione principale”, adesso la norma specifica soltanto che l’immobile, o una parte di esso, debba essere adibito a “residenza” del conduttore.Detrazione affitto giovani: fino a quanto può ammontare
Dulcis in fundo è la novità economica della detrazione, che a certe condizioni viene aumentata al di là del limite forfetario pari a 991,60 euro stabilito sino al 31/12/2021. In buona sostanza le possibilità sono due: si potrà beneficiare della solita detrazione pari a 991,60 euro, oppure si potrà detrarre il 20% dell’ammontare complessivo del canone annuo, se superiore (questo 20%) a 991,60 euro ma non superiore a 2.000 euro. La somma, quindi, che il giovane inquilino potrà portarsi in detrazione col 730, dipende dall’affitto pagato nell’anno.Assegno ordinario d'invalidità: necessari 260 contributi settimanali
Le prestazioni previdenziali INPS per l’invalidità a favore dei lavoratori sono due: l’assegno di invalidità e la pensione di inabilità.
L’assegno ordinario di invalidità è una prestazione economica, erogata dall’INPS a domanda, che spetta al lavoratore la cui capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale.
Per presentare la domanda, è necessario richiedere al proprio medico il certificato telematico Mod. SS3. Con la copia del certificato medico e l’ultima dichiarazione dei redditi personale e del coniuge, rivolgiti alla sede del Patronato ACLI più vicina che trasmetterà la domanda all’INPS e ti assisterà per tutti gli adempimenti successivi.
I requisiti
– Requisito sanitario: può richiedere l’assegno chi, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, abbia la capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo.
– Requisito contributivo: per presentare la domanda bisogna avere maturato almeno 260 contributi settimanali (cinque anni di contribuzione e assicurazione) di cui 156 (tre anni di contribuzione e assicurazione, anche non consecutivi) nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.
L’assegno ordinario di invalidità
- È compatibile con l’attività lavorativa e non è necessario cessarla per richiederlo.
- Il diritto alla prestazione può essere perfezionato anche con contribuzione estera maturata in Paesi dell’Unione europea o in Paesi extracomunitari convenzionati con l’Italia. In tal caso, l’accertamento del diritto a pensione può essere effettuato con la totalizzazione internazionale dei periodi assicurativi italiani ed esteri. In questo caso però, l’importo dell’assegno verrà calcolato in proporzione ai contributi accreditati nell’assicurazione italiana ed alle retribuzioni corrispondenti.
- L’assegno di invalidità ha validità triennale. Il titolare dell’assegno può chiedere il rinnovo prima della data di scadenza e, dopo tre riconoscimenti consecutivi, l’assegno di invalidità è confermato automaticamente, salvo le facoltà di revisione da parte dell’INPS.
- Al compimento dell’età pensionabile, ed in presenza di tutti i requisiti, l’assegno ordinario di invalidità viene trasformato in pensione di vecchiaia.
Decorrenza
L’assegno ordinario di invalidità decorre dal 1° giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda se risultano soddisfatti tutti i requisiti sia sanitari che amministrativi.
La domanda
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fonte - www.patronato.acli.it
Musica come prevenzione e terapia, per il cuore e per la mente
Sia nella letteratura medica che nella pratica quotidiana di molte persone di ogni età è stato sperimentato l’effetto benefico del fare ed ascoltare musica
Ormai è un dato acquisito che il nostro benessere è strettamente correlato con il giusto rapporto tra mente (emozioni, passioni e interessi) e corpo (corretto funzionamento di tutti gli organi, equilibrio delle componenti biochimiche): non stupiscono quindi che anche le più recenti ricerche in campo sociosanitario mettano in evidenza l’importanza della musica come esperienza vitale per la persona di ogni età.
Questo vale soprattutto per gli anziani che devono difendersi da maggiori fragilità fisiche e psichiche.
In pratica, suonare uno strumento (ritornando magari a passioni di gioventù…), cantare in un coro, o semplicemente riservare ogni giorno un po’ di tempo per ascoltare musica, è il modo giusto per riequilibrare il sistema nervoso, combattere lo stress, regolarizzare il ritmo cardiaco e la pressione del sangue. Provare per credere, lo dicono gli esperti… Ed ha come effetti collaterali solo sensazioni piacevoli e positive.
Le ACLI di Vicenza aps sull’8 marzo chiedono parità, equità ed inclusione contro le discriminazioni
La settimana scorsa il Consiglio Superiore della Magistratura all’unanimità ha nominato presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano. I mezzi di comunicazione hanno dato ampio risalto alla notizia, sottolineando come sia la prima volta di una donna in questo ruolo apicale. Ma la stessa presidente Cassano qualche anno fa aveva affermato come “l’effettiva parità sarà stata raggiunta quando cesserà di fare notizia la nomina di una donna in una posizione di vertice”. Un obiettivo, purtroppo, evidentemente ancora lontano.
Sicuramente tale nomina rappresenta un fondamentale passo in avanti in quel lungo percorso, iniziato sessant’anni fa, con l’ingresso delle prime donne in magistratura.
“Risale al 1963, infatti – spiega la coordinatrice Donne delle ACLI di Vicenza aps, Elisabetta Zanon – una norma che sancisce l’accesso femminile a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera”.
Con una norma del 1919 le donne erano state ammesse, a pari titolo degli uomini, all’esercizio delle libere professioni e di tutti gli impieghi pubblici ad eccezione di quelli che implicavano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politici o che attenevano alla difesa militare dello Stato.
“Molta strada è stata fatto. Al 30 giugno 2022 le donne in magistratura erano 4952 (55% del totale). In altri ambiti, anche privati, la situazione è simile. Le donne – prosegue la coordinatrice Zanon – sono oggi presenti in alte percentuali in quasi tutti i settori lavorativi ed il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2021 (dati Ocse) ha raggiunto il 50% e sono in continua crescita le professionalità qualificate: gli ultimi dati forniti dagli Ordini professionali fanno registrare rilevanti incrementi delle iscritte”.
Da un recente studio dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere emerge che la maggioranza delle donne rimane ai margini della carriera, senza riuscire ad occupare posizioni dirigenziali e apicali. In Italia, ad esempio, prescindere dal settore economico di riferimento, solamente il 13,4% dei Ceo delle maggiori società quotate è donna, a fronte dell’86,6% maschile.
“Tale limite è dovuto ad un insieme di fattori – prosegue la coordinatrice Zanon – che frenano il progredire nelle carriere femminili. Si passa dagli ostacoli di natura culturale come le discriminazioni di genere, la scarsa valorizzazione del merito, la maternità e il lavoro di cura familiare intesi come limite, a quelli di natura strutturale come le carenze di misure e servizi per conciliare i tempi di vita e lavoro e la poca flessibilità organizzativa”.
I molteplici citati intralci condizionano in maniera massiccia anche il livello di stipendi e guadagni delle donne.
“È sempre più di attualità il tema del doloroso divario retributivo di genere. Basti pensare – conclude la coordinatrice Zanon – che le donne dirigenti d’azienda guadagnano in media il 30% in meno rispetto ai loro compagni di lavoro e le avvocatesse addirittura meno della metà dei loro colleghi uomini.
Le azioni legislative intraprese dall’Italia per la parità, l’equità di genere e l’inclusione contro ogni forma di discriminazione, anche sotto la spinta europea, sono state molteplici in questi anni. Per una maggiore e migliore occupazione e realizzazione femminile si auspica il potenziamento di tali misure ed il varo di sempre più consistenti interventi che portino ad una possibile e reale conciliazione tra vita lavorativa, privata e familiare ed al necessario smantellamento del pesante stereotipo di genere secondo il quale il lavoro di cura, l’educazione dei figli e l’assistenza ai genitori anziani è sempre e solo una cosa da donne”.
Bonus figli disabili: domande al via fino al 31 marzo
Dal 1° febbraio l’INPS, come informa il messaggio 422 del 27 gennaio, ha aperto i canali per trasmettere la domanda ai fini del contributo mensile destinato ai genitori disoccupati o monoreddito che hanno a carico figli disabili. L’identikit del contributo era stato già tracciato dall’INPS nella Circolare 39 del 2022. Si tratta in buona sostanza di un “assegno” mensile vincolato a precisi paletti economici, tra cui ad esempio il valore ISEE (per il calcolo ISEE è possibile rivolgersi alle sedi CAF ACLI o usufruire dell'assistenza online tramite l'area myCAF).
Bonus figli disabili: come fare domanda
Per farne richiesta in relazione all’anno 2023 (che in base alla normativa dovrebbe essere l’ultimo per cui sarà erogato) ci sarà tempo fino al 31 marzo. La domanda può essere fatta o tramite l’INPS (dal portale web, se muniti di SPID/CIE/CNS o dal Contact center al numero verde 803.164 da rete fissa o 06.164.164 da rete mobile a pagamento) oppure tramite enti di Patronato (clicca qui per cercare la sede più vicina del Patronato ACLI). Vediamo allora di riassumere in breve i punti essenziali del contributo.
Bonus figli disabili: chi può chiederlo
L’erogazione spetta ai genitori residenti in Italia (per gli extracomunitari vale il permesso di soggiorno) e facenti parte di “nuclei familiari monoparentali”, cioè nuclei familiari caratterizzati dalla presenza di quel solo genitore, il quale deve trovarsi in una delle seguenti condizioni:
- disoccupato, cioè “privo d’impiego oppure con un reddito da lavoro dipendente che non superi 8.145 euro annui o 4.800 euro annui da lavoro autonomo”;
- oppure “monoreddito”, nel senso che il genitore deve ricavare “tutto il proprio reddito esclusivamente dall’attività lavorativa, sia essa prestata a favore di uno solo o di una pluralità di datori di lavoro, oppure che sia percettore di un trattamento pensionistico previdenziale” (quindi, ad esempio, se il genitore avesse un reddito complessivo derivante solo in parte dalla sua attività lavorativa, e per la parte restante da altre fonti non lavorative come la locazione di una casa messa in affitto, non sarebbe considerato “monoreddito”).
Bonus figli disabili: serve l’ISEE
Quanto ai requisiti, che in parte abbiamo già elencato, c’è sicuramente da menzionare:
- l'ISEE (in caso di figli con meno di 18 anni va fatto un ISEE minori), il cui valore non può superare quota 3.000 euro;
- va poi specificato che la disabilità del figlio a carico deve essere riconosciuta “in misura non inferiore al 60 per cento”.
Bonus figli disabili: a quanto ammonta
“In caso di accoglimento della domanda – scrive l’INPS nella Circolare 39/2022 – il contributo sarà liquidato, con cadenza mensile, per un importo pari a 150 euro al mese e sarà riconosciuto dal mese di gennaio per l’intera annualità. Nel caso in cui il genitore abbia due o più figli a carico con una disabilità riconosciuta in misura non inferiore al 60 per cento, l’importo riconosciuto sarà pari, rispettivamente, a:
- 300 euro mensili, nel caso di due figli;
- 500 euro mensili, nel caso in cui i figli siano più di due”.
Ape Sociale: Prorogata per tutto il 2023
La Legge di Bilancio 2023 ha disposto una nuova proroga dell’Ape Sociale, “Anticipo pensionistico”, solo per l’anno 2023.
Attenzione però alle scadenze per la certificazione del diritto: la domanda di certificazione del diritto deve essere presentata entro il 31 marzo 2023 o il 15 luglio 2023.
Cos’è l’Ape Sociale?
È un’indennità che permette di ritirarsi dal mondo del lavoro e che “accompagna” i richiedenti fino all’età prevista per la pensione di vecchiaia (67 anni). Può essere richiesta da tutte le categorie dei lavoratori dipendenti, autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) e dagli iscritti alla Gestione Separata.
Quali sono i requisiti?
Per poter richiedere l’indennità, sono stati fissati dei requisiti generali e altre condizioni più soggettive:
- dal punto di vista anagrafico, l’APE Sociale è rivolta a coloro che abbiano almeno 63 anni di età;
- dal punto di vista assicurativo, i richiedenti devono poter far valere alternativamente:
1) almeno 30 anni di contributi (disoccupati, invalidi civili con grado di invalidità maggiore al 74% e i cosiddetti “caregivers” cioè chi si occupa di assistere un familiare “in situazione di gravità”);
2) almeno 36 anni nel caso siano stati lavoratori addetti ad attività “gravose” (per alcune specifiche categorie di lavori “gravosi” previste dalla normativa, il requisito è fissato a 32 anni di contributi).
Per le donne che si trovano nelle situazioni di stato di disoccupazione o di occupazione in lavori “gravosi”, i suddetti requisiti contributivi sono ridotti di 12 mesi per ogni figlio, per un “bonus” massimo di due anni.
Nello specifico i requisiti più soggettivi richiesti, oltre a quello contributivo, sono i seguenti:
- Disoccupati che abbiano:
– cessato il rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o per risoluzione consensuale e percepito integralmente l’indennità di disoccupazione NASPI;
– avuto un periodo di lavoro, nel triennio precedente alla data di cessazione, della durata di almeno 18 mesi.
- Lavoratori che, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap “in situazione di gravità”, oppure un parente o un affine di secondo grado, quando tale soggetto abbia i genitori o il coniuge ultrasettantenni, anche essi invalidi.
- Lavoratori con riconoscimento di invalidità civile pari almeno al 74 %.
- Lavoratori inseriti nelle categorie di attività “gravose”, possono richiedere l’indennità dell’APE Sociale se hanno svolto per sette anni, nell’ultimo decennio, o per sei anni negli ultimi sette, una delle attività previste specificatamente dalla normativa.
Scadenza delle domande
Per fare la domanda di APE Sociale è necessario verificare preventivamente il diritto: chi ritiene di perfezionare i requisiti per l’indennità entro il 31 dicembre 2023, deve presentare domanda di certificazione del diritto tassativamente entro il 31 marzo 2023 o il 15 luglio 2023.
La stessa richiesta di certificazione ha come ultima scadenza anche la data del 30 novembre 2023 ma il rischio è che i fondi economici che alimentato il pagamento dell’indennità possano esaurirsi e, quindi, anche nel caso in cui viene riconosciuto il diritto, la prestazione dell’Ape Sociale non venga liquidata
Come fare la domanda
Gli operatori del Patronato Acli sono a disposizione per verificare l’eventuale diritto a chiedere l’APE Sociale! È possibile fissare un appuntamento telefonando allo 0444/955002.
fonte www.patronato.acli.it
Molte opportunità date dai Bonus - Importante il calcolo dell'Isee
UNA MAPPA PER CAPIRE MEGLIO E PER TROVARE IL SOSTEGNO GIUSTO ALLE PROPRIE NECESSITA’
Si va dallo sconto diretto nella bolletta della luce e del gas, al contributo per l’uso dei mezzi di trasporto a favore di studenti e lavoratori, alle agevolazioni per l’acquisto di auto elettriche o di auto nuove a ridotto impatto ambientale.
Ma anche la casa da ristrutturare o da acquistare (in particolare per le giovani coppie) rientra in questo pacchetto di sussidi messo in atto (o rinnovato) dal corrente anno.
Al centro di questa rinnovata strategia di interventi sociali c’è l’assegno unico universale (rivolto a tutte le famiglie con figli a carico) per il quale l’ISEE serve per quantificare concretamente i benefici contributivi e fiscali.
Guarda l'approfondimento Video
Opzione Donne: Pensionamento anticipato anche per il 2023 ma non per tutte
La Legge di Bilancio 2023 riconferma la possibilità di pensionamento anticipato con “Opzione Donna” fissando la nuova data di perfezionamento dei requisiti al 31 dicembre 2022. Ma la legge ha ristretto le categorie di possibili beneficiarie.
Quali sono i requisiti per l’accesso alla pensione “Opzione Donna”
1) Requisito contributivo: anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31/12/2022.
2) Requisito anagrafico: almeno 60 anni di età entro il 31/12/2022. Tale requisito è ridotto ad almeno 58 anni di età per le donne che hanno avuto 2 o più figli o 59 anni di età per le donne che hanno avuto un solo figlio.
3) Appartenenza ad una delle seguenti categorie:
– Caregiver
Lavoratrici che alla data di richiesta della pensione assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado convivente al quale sia stato riconosciuto lo stato di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 3 della Legge 104/1992, oppure un parente o un affine di secondo grado, sempre convivente e con handicap, i cui genitori o il coniuge abbiano più di 70 anni o siano in uno stato invalidante o siano deceduti.
– Invalide civili
Con una percentuale riconosciuta pari o superiore al 74 %.
– Lavoratrici licenziate
Da aziende ufficialmente in stato di crisi con procedure aperte presso il Ministero del Lavoro.
Una consulenza personalizzata
Andare in pensione con “Opzione Donna” è una scelta da valutare attentamente, soprattutto per quanto riguarda l’importo del trattamento pensionistico, inferiore a quello degli altri trattamenti: fare questa scelta senza essere consapevoli di ciò, può comportare problemi nella sfera delle future condizioni economiche personali e della propria famiglia.
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Stipendio colf Aumenti da gennaio 2023, ma c’è il contributo statale
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Salgono del 9,2% le retribuzioni dei lavoratori domestici 2023. In arrivo un bonus di 1500 euro per le famiglie
Dopo il mancato accordo tra le associazioni datoriali Domina e Fidaldo e i sindacati dei lavoratori domestici Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil e Federcolf sugli aumenti retributivi 2023 per il lavoro domestico, il Ministero ha definito l'adeguamento automatico, in base all’80% del valore dell’inflazione per le retribuzioni minime, e al 100% sul valore di vitto e dell’alloggio.
Gli aumenti per gli stipendi di colf, badanti e baby-sitter saranno quindi essere pari al 9,2%
Gli importi per le indennità di vitto e alloggio dei lavoratori conviventi saliranno invece dell'11,5%
Le associazioni che rappresentano le famiglie datrici di lavoro domestico chiedevano che gli aumenti non superassero quanto previsto dal governo per l'adeguamento delle pensioni all’inflazione, cioè il 7,3%, e che comunque gli aumenti fossero scaglionati nel corso dell'anno.
I sindacati dei lavoratori reclamavano invece l'applicazione di quanto previsto dal contratto nazionale con la perequazione piena, da gennaio 2023, sottolineando che i lavoratori domestici hanno comunque tutele inferiori a quelle di altri lavoratori dipendenti per malattia, maternità, e pensioni, evidenziando inoltre che gli aumenti più importanti riguardano le assistenti familiari conviventi, che sono solo il 23% del totale dei lavoratori.
Attualmente il minimo stipendio orario previsto dal CCNL è pari a 4,83 euro per il livello A, mentre il valore massimo della retribuzione per badanti che fanno assistenza a persone non autosufficienti arriva a 8,33 euro orari (1.598 euro mensili per un contratto a tempo pieno).
Un nuovo contributo di 1.500 euro alle famiglie per lavoro domestico è previsto dal PNRR, i cui criteri e forma di erogazione sono in corso di definizione.
Per luce e gas ci sono bonus sociali la legge di bilancio 2023 fissa la nuova soglia ISEE a 15.000 (nel 2022 erano 12.000).
Per luce e gas ci sono bonus sociali la legge di bilancio 2023 fissa la nuova soglia ISEE a 15.000 (nel 2022 erano 12.000).
Da molti anni sono in vigore per le famiglie a basso reddito alcune forme di agevolazione sui costi dell'acqua, luce e gas: i bonus sociali o bonus bollette. In sostanza i nuclei con reddito basso hanno diritto a tariffe agevolate fissate dall'ARERA, l’agenzia per la regolazione dei costi dell'energia. Dal 2021 tali agevolazioni non devono più essere richieste ma sono applicate automaticamente presentando la DSU per l'ISEE all'Inps, che fornisce direttamente i dati alle autorità preposte. Per il primo trimestre dell’anno 2023, sono stanziate le risorse ( 2.400 milioni di euro complessivamente tra elettricità e gas) sulle quali l’ARERA definirà gli interventi concreti