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Lunedì, 14 Novembre 2022 13:43

Anziani - un patto tra generazioni

GLI ANZIANI POSSONO SVOLGERE UN RUOLO ESSENZIALE IN UN PATTO TRA GENERAZIONI PER CONTRASTARE LA POVERTA’ EDUCATIVA

Si tratta di un temo poco conosciuto e affrontato, anche nel dibattito sociale, ma a ben guardare è un nodo strategico nel rapporto tra generazioni; fare un patto formativo e intergenerazionale famiglia- scuola-società, per far fronte al fenomeno che si sta sempre più diffondendo: la povertà educativa; che significa privazione o limitazione di accesso a risorse e opportunità di istruzione, cultura, socialità, formazione.

Le cause vanno dalla scarsità del reddito alle fragilità (vecchie e nuove) delle famiglie, in particolare quando si verificano crisi di coppia che hanno ripercussioni pesanti sui figli.

Molti anziani si trovano quindi a svolgere prezioso e difficile, sia contribuendo economicamente, sia svolgendo a tutti gli effetti compiti educativi in grado di dare alle nuove generazioni prospettive concrete di apprendere, sperimentare, acquisire competenze, in un mondo che esige (da tutti) sempre di più e trasmette contemporaneamente un diffuso senso di incertezza, provvisorietà, carenza di prospettive.

La povertà reddituale (sia assoluta che relativa) è in aumento e preoccupa soprattutto per gli effetti che potrà avere nel medio-lungo periodo nel settore dell’istruzione perché strettamente collegata con i fenomeni degli abbandoni dei percorsi formativi, della dispersione scolastica, della bassa scolarità, della carenza di competenza in molte aree produttive, della carenza di reti sociali generative di opportunità.

Ma oltre al fattore reddito emerge anche tra gli adolescenti e i giovani (spesso con radici nell'infanzia) fenomeni sociali di individualismo utilitaristico,  di 'degrado' delle relazioni, comprese quelle familiari e di prossimità, della violenza verbale ( e non solo), del rifiuto delle diversità e della loro ricomposizione, dell’assenza delle dimensioni di senso, valoriali, di visioni per il futuro, della mancanza di apertura ad ogni dimensione spirituale, a partire da quella religiosa e di fede.

In questo contesto (che coinvolge anche fasce di popolazione non economicamente deboli) che incide negativamente sullo sviluppo evolutivo dei ragazzi si richieda con drammatica urgenza la presenza di figure autorevoli che, oltre a rappresentare una risorsa di conoscenze e competenze, siano in grado di creare (e ricreare) rapporti di fiducia e di solidarietà fra generazioni.

 Questo il senso di un patto tra generazioni giovani-anziani che dovrebbe e potrebbe essere oggetto di interventi sociali come la recente riproposizione del bonus psicologico che coinvolge tutto il nucleo famigliare allargato, per prevenire e curare le varie forme di povertà educativo-relazionali, dal ritiro sociale ai disturbi nello sviluppo emotivo-affettivo, dall' aggressività fine a sé stessa al disagio socio-esistenziale (fino al suicidio).

Si pensi, per fare un esempio di un fenomeno ancora minoritario, ma purtroppo in aumento (intorno ai 100mila casi a livello nazionale), agli hikikomori, ragazzi che nei casi limite si chiudono nella propria stanza senza far nulla e rifiutano ogni contatto con l'esterno. Ma di ritiro sociale si può parlare anche nel caso dei ragazzi 'Neet' (tre milioni in Italia) che abbandonano gli studi, non lavorano e rinunciano a cercare qualsiasi occupazione.

Ma esiste anche una povertà educativo relazionale da disturbi dello sviluppo, come emerge dai dati che arrivano da strutture ambulatoriali ed ospedaliere di igiene mentale in cui si registra un aumento di episodi sintomatici di disturbi psicologici nei bambini, negli adolescenti e nei giovani quali paure, ansie, fobie, attacchi di panico, insonnia, anoressia e bulimia.

 Mentre agli “onori della cronaca” salgono episodi di aggressività delle baby gang che esprimono comportamenti non di contestazione e di ribellione a qualcosa, ma di 'disperazione' antisociale fine a sé stessa, esaltata nell'appartenenza al gruppo in cui la fragilità individuale diventa forza (irrazionale) collettiva.

C’è ancora molto bisogno di “nonni” saggi e coraggiosi in grado di dare un contributo determinante: anziani non solo destinatari di cure e di attenzioni, ma promotori di relazioni sociali per tutta la comunità.

 

 

 

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Passa da 6.500 a 9.000 € il livello di reddito annuo per essere considerati indipendenti rispetto ai genitori.
 
Visto il periodo autunnale in cui partono i corsi universitari e gli studenti presentano gli ISEE alle segreterie per ricevere sconti o agevolazioni sui ratei di frequenza, è importante rimarcare la novità che a decorrere da questa stagione accademica 2022/23, modifica in parte l’assetto regolamentare che riguarda le condizioni di cosiddetta “autonomia” rispetto al nucleo genitoriale. Autonomia da intendere non solo in senso economico ma anche logistico. Sappiamo che spesso i ragazzi, non solo nel caso dei “fuori sede”, ma anche perché coniugati o già impegnati in rapporti lavorativi che vanno di pari passo con lo studio, potrebbero frequentare le aule vivendo al di fuori dell’abitazione dei genitori.

Ecco allora che ai fini del calcolo ISEE, per capire se effettivamente sussistono delle condizioni di indipendenza rispetto ai genitori, vengono valutati due aspetti sostanziali, vale a dire la casa dove lo studente vive – e da quanto tempo ci vive –, più l’adeguata capacità di reddito, che può essere riferita al singolo studente, qualora viva da solo, oppure in comunione col coniuge/compagno, se si tratta di studente sposato o convivente di fatto. La novità, quindi, cui accennavamo in apertura, riguarda proprio il secondo aspetto dell’adeguata capacità di reddito: fino allo scorso anno, infatti, il livello di reddito entro il quale lo studente al di fuori del nucleo genitoriale poteva essere considerato “autonomo” era di 6.500 euro, mentre da quest’anno accademico 22/23 la soglia si alza a 9.000 euro annui.

Nessuna modifica, invece, è stata introdotta sul secondo requisito, quello logistico, secondo il quale l’autonomia sussiste in caso di “studente residente fuori dall’unità abitativa della famiglia di origine da almeno due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di iscrizione per la prima volta a ciascun corso di studi, in alloggio non di proprietà di un suo membro”; cioè in pratica deve trattarsi di un ragazzo che da almeno due anni vive per conto suo, e oltretutto in un alloggio che non sia di proprietà di un membro della sua famiglia. Detto altrimenti: se lo studente andasse a vivere nella casa che il padre o la madre hanno ereditato dai nonni, non verrebbe considerato autonomo; sarebbe invece considerato autonomo, salvo poi verificare il requisito economico del reddito, quello studente che prendendosi una stanza in affitto iniziasse a mantenersi con uno o due lavori paralleli allo studio.

Tornando infine alla soglia di autonomia reddituale innalzata da 6.500 a 9.000 euro, questa andrà valutata in rapporto al singolo studente oppure anche all’eventuale coniuge/convivente. In termini pratici, nel caso di uno studente che conviva e risulti fiscalmente a carico del coniuge, o comunque provvisto di un reddito inferiore a 9.000 euro, l’autonomia potrebbe sussistere se il medesimo coniuge/convivente disponesse di un reddito pari almeno a 9.000 euro annui. Resta infine da chiarire che per le coppie non coniugate ma conviventi, la convivenza di fatto deve essere registrata nel Comune di residenza.
 
fonte - www.caf.acli.it - 
 

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Un lutto in famiglia, oltre all’immediato dolore per tutti i componenti, provoca, in seconda battuta, anche disorientamento e preoccupazione se il familiare scomparso contribuiva all’economia familiare. In questi casi è importante conoscere le prestazioni alle quali sia ha diritto dal punto di vista previdenziale. 

Le tipologie di pensione a favore dei familiari eredi 

Iniziamo intanto a definire la terminologia delle prestazioni che spesso sono sconosciute alla maggior parte delle persone e possono creare incomprensione con chi fornisce assistenza e consulenza per la presentazione delle domande. Il termine “pensione ai superstiti” prevede due tipologie alternative di pensioni. 

– La pensione “indiretta” è la prestazione pensionistica erogata ai familiari in seguito al decesso di una persona assicurata previdenzialmente e non ancora pensionata. 

– La pensione di “reversibilità” è invece la prestazione pensionistica erogata ai familiari nel caso in cui la persona deceduta era già in pensione, trattamento che viene trasformato ed erogato ad altre persone rispetto alla prestazione originaria del soggetto defunto.  

È importante anche sapere il significato di altri due termini, usati non solo in previdenza ma anche nel campo delle successioni e del diritto privato, che sono sinonimi del termine “deceduto” e dei quali forse non vi siete mai osati a chiederne il significato:  

  • Il termine latino “de cuius” dalla locuzione “is de cuius hereditate agitur” che in sostanza significa “colui della cui eredità si tratta”. 
  • Il termine giuridico “dante causa” riferito al soggetto che trasmette il diritto a qualcosa. 

Requisiti della persona deceduta per il diritto alle pensioni ai superstiti 

Se la persona deceduta era già in pensione, non ci sono requisiti da valutare in quanto, essendo già maturati, hanno prodotto la prestazione pensionistica erogata. 

Se la persona deceduta era “assicurata” cioè non pensionata, i requisiti da verificare sono diversi e, a seconda delle situazioni, producono prestazioni anch’esse diverse:

  • Requisito assicurativo del defunto non pensionato: almeno 15 anni di contributi previdenziali al momento del decesso, anche non continuativi, oppure almeno 5 anni di contributi accreditati complessivamente dei quali almeno 3 anni versati nel quinquennio procedente alla data del decesso. Nel caso in cui questi requisiti alternativi non risultano perfezionati è prevista una prestazione “una tantum”, l’ “Indennità di morte”, che verrà trattata in un nostro successivo articolo. 

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UNA QUESTIONE DI CIVILTA’, A BENEFICIO DELLE FAMIGLIE CHE SI PRENDONO CURA DELLE PERSONE FRAGILI

A conclusione di un lungo percorso di lavoro che ha coinvolto oltre una cinquantina di associazioni che operano a vario titolo nel settore dell assistenza e della cura agli anziani, il governo Draghi ha varato lo schema di legge delega per articolare in modo organico tutti gli interventi in materia.

Un testo corposo che, una volta approvato, richiederà un grande sforzo organizzativa da parte di tutti gli operatori.

Spetterà comunque al nuovo parlamento approvare la legge che si inquadra nella missione 5del Piano Nazionale di Resilienza e Recupero, che rappresenta una condizione per accedere ai fondi europei.

Entro marzo del prossimo anno.

Le premesse ci sono tutte per una svolta positiva e sicuramente le Acli, nel complesso del loro sistema associativo, saranno in grado di svolgere un ruolo importante.

Cittadini sempre, in ogni fase della propria vita, questa la filosofia di fondo del documento che, come ha detto mons. Vincenzo Paglia, si pone in contrasto con la cultura dello scarto in una società che spinge sempre più alla ricerca esasperata dell’efficienza e del profitto.

L’asse portante del nuovo provvedimento legislativo sarà la creazione di un sistema unitario per coordinare quanti operano nel settore, a partire dal sistema sanitario nazionale, i servizi sociali, L’INPS, le Regioni, il Terzo settore e il mondo del volontariato in generale.

Con una importante apertura ai privati, nello specifico al welfare aziendale, chiamato a condividere questo sforzo collettivo e renderlo compatibile con le finanze pubbliche.

A tale scopo è prevista la creazione del Comitato per le politiche a favore della popolazione anziana (CIPA).

Nel corso dei lavori preparatori del progetto di legge sono emerse varie criticità della condizione della popolazione anziana nel nostro Paese; una significativa evidenzia la carenza di posti negli ospedali per le persone sopra i 65 anni. Per questa fascia di età, la media europea vede 3,5 posti ogni 100 anziani mentre in Italia siamo a 1,9. Analoga situazione di carenza si rileva per i medici specialisti nell’area delle patologie croniche legate alla vecchiaia.

Il lavoro da fare è sicuramente molto, con una impostazione articolata e radicata sul territorio, per graduare gli interventi sulla condizione specifica dell’assistito anziano, cercando di mantenerne fin quando possibile l’autonomia, la permanenza a casa propria, in residenze comunitarie (semi resindenzialita’) adatte.

Comunque in tutto il sistema si dovrà intervenire con nuove risorse, aumentando personale e competenze. Altro aspetto non secondario: verranno creati nuovi posti di lavoro, creando in questo modo un legame concreto di solidarietà tra generazioni.

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l Bonus Trasporti è replicabile mese dopo mese. La precisazione, secondo quanto riportato sul Sole 24 Ore, è stata rilasciata dallo stesso ministero del Lavoro, il quale ha puntualizzato che il bonus – questo il virgolettato riferito dal Sole – “può essere chiesto ogni mese per il valore di euro 60,00”. Il chiarimento ha quindi un peso che cambia decisamente l’errata percezione che in molti si erano fatti, in primis coloro che già col mese di settembre pensavano di aver dato fondo al loro bonus individuale, senza la possibilità di poterlo rinnovare. In realtà non è così, ed ecco il perché.

Cominciamo anzitutto col dire che il Bonus, valido per i contribuenti che nel 2021 abbiano totalizzato un reddito imponibile non superiore a 35.000 euro (per la domanda tramite il sito del Lavoro è sufficiente un’autodichiarazione), conta su una dotazione finanziaria complessiva di 190 milioni di euro (cioè i 79 mln stanziati in origine dal primo Decreto “Aiuti”, più gli ulteriori 180 aggiunti successivamente col recente Dl “Aiuti-ter”). In pratica, ciascuno che nel 2021 abbia avuto un reddito fino a 35.000 euro potrà beneficiare dell’agevolazione sull’acquisto di abbonamenti mensili/annuali al trasporto pubblico, fin quando la dotazione finanziaria di 190 mln non si sia esaurita.

Detto questo, veniamo alla precisazione del ministero sulla quantità di volte in cui è possibile ripetere la domanda. L’equivoco nasce infatti da come il Bonus era stato “presentato” nel decreto operativo di fine luglio emanato da Lavoro, Finanze e Infrastrutture. Il testo diceva che “il buono è pari al 100 per cento della spesa da sostenere ed è riconosciuto nel limite massimo di valore in misura pari a 60 euro per ciascun beneficiario per l’acquisto, effettuato entro il 31 dicembre 2022, di un solo abbonamento, annuale, mensile, o relativo a più mensilità, per i servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale”.

Le parole, quindi, che avevano indotto molti, praticamente tutti, a pensare che il bonus potesse essere richiesto individualmente “one shot” fino a un importo massimo di 60 euro, erano appunto le seguenti: “per l’acquisto di un solo abbonamento, annuale, mensile, ecc”. In buona sostanza si era pensato che ogni persona avrebbe potuto giocarsi la propria carta una sola volta e per un solo abbonamento, a prescindere dalla durata.

A dissipare i dubbi non è servita nemmeno una faq pubblicata a settembre sul sito del Lavoro, secondo la quale “è possibile effettuare una richiesta al mese, e pertanto, nei mesi successivi, qualora ci sia ancora dotazione finanziaria, effettuare ulteriori richieste per l'importo massimo di euro 60”. Anche in questo caso infatti la soglia di 60 euro è stata intrepretata in senso limitativo, cioè si è pensato che 60 euro fosse il massimo che ciascuno potesse spendere, dopodiché il bonus non sarebbe stato replicabile.

In base a tale principio, quindi, volendo fare l’esempio pratico di Roma, dove un abbonamento mensile costa 35 euro, un cittadino che già a settembre avesse goduto del Bonus Trasporti pagandoci un abbonamento mensile, a ottobre avrebbe al massimo potuto contare su un bonus residuo di 25 euro, ovvero la quota restante dei 60 totali, al netto dei 35 già spesi il mese precedente. In realtà no, perché il meccanismo è ben più permissivo, ovvero i 60 euro sono sì la soglia massima che ciascuno può spendere, ma è riferita appunto al singolo mese, quindi replicabile fino a tutto dicembre.

Di qui la precisazione del ministero del Lavoro riportata dal Sole sulla possibilità di richiedere “ogni mese” un bonus “per il valore massimo di euro 60,00”. È chiaro che questo avvantaggia coloro che da settembre a dicembre hanno acquistato, e acquisteranno, solo abbonamenti di durata mensile, perché chi invece a settembre – pensando appunto che il bonus sarebbe stato spendibile in un’unica soluzione – ha optato per l’abbonamento annuale, risparmiando da un lato 60 euro ma pagando comunque la quota eccedente (ad esempio a Roma l’abbonamento annuo costa in tutto 250 euro), adesso è coperto fino a settembre 2023 senza poter approfittare del maggiore risparmio che avrebbe avuto usufruendo del bonus con cadenza mensile da settembre e dicembre. Viceversa chi, per assurdo, a settembre avesse goduto di un bonus pari a 60 euro per acquistare un abbonamento mensile, potrà nuovamente usufruire di altri 60 + 60 + 60 euro, per altrettanti abbonamenti mensili rispettivamente nei mesi di ottobre, novembre e dicembre.

 

 

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Il nuovo “Decreto Aiuti Ter” ha previsto una nuova indennità di 150 euro “una tantum”. Anche questo Bonus è esente dall’Irpef, come le precedenti indennità. A chi spetta questo nuovo Bonus automaticamente, senza dover fare la domanda all’INPS? 

Lavoratori dipendenti pubblici e privati 

Il nuovo Bonus di 150 euro sarà erogato dal datore di lavoro con la busta paga di novembre 2022 solo se la retribuzione del mese non supera i 1.538 euro. Per ricevere il Bonus i lavoratori dovranno dichiarare al proprio datore di lavoro, di non aver diritto all’indennità per altre prestazioni (come le pensioni) o ad altro titolo. Il Bonus verrà liquidato anche nel caso in cui la busta paga sia azzerata in caso di sospensione del lavoro per congedi o crisi aziendale. 

Lavoratori domestici 

Il bonus di 150 euro verrà liquidato dall’INPS a tutti coloro che hanno già percepito la precedente indennità di 200 euro e che abbiano un rapporto di lavoro in essere al 24 settembre 2022. A differenza delle altre categorie di beneficiari, non è ancora stata fissato il periodo nel quale verrà liquidato il nuovo Bonus. 

Lavoratori del settore turismo e spettacolo precari, stagionali, venditori a domicilio, autonomi occasionali senza partita IVA 

Per questi soggetti, solo nel caso che abbiano beneficiato dell’indennità Covid nel corso del 2021, i 150 euro verranno erogati in una delle prossime mensilità, non ancora definita dalla normativa. 

Titolari di indennità di disoccupazione 

Tutti i soggetti che, per il mese di novembre, sono destinatari delle indennità di disoccupazione, compresi gli agricoli, riceveranno i 150 euro, ma non è ancora stato definito il periodo di pagamento. 

Nuclei familiari con Reddito di Cittadinanza 

Il bonus di 150 euro verrà “caricato” sulla carta RDC nel mese di novembre a condizione che nessun altro componente del nucleo abbia percepito questo nuovo Bonus a qualsiasi titolo.  

Pensionati 

Tutti coloro che risultano pensionati al 1° ottobre 2022 (comprese le persone che percepiscono l’assegno sociale, le prestazioni legate all’invalidità civile, l’APE, gli assegni di accompagnamento alla pensione, ecc…) riceveranno automaticamente i 150 euro con la mensilità di novembre 2022 a condizione che  

  • siano residenti in Italia  
  • abbiano avuto un reddito imponibile IRPEF nel 2021 inferiore a 20.000 euro. 

Fonte - www.patronato.acli.it

 

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Una corretta alimentazione, una oculata gestione delle proprie risorse finanziarie, conservare la salute non solo del corpo ma anche della mente: queste le piste lungo le quali si articola il cosiddetto “invecchiamento attivo", con le associazioni di volontariato (in collaborazione con i Comuni e l’Amministrazione regionale) impegnate a promuovere incontri su tematiche specifiche.

 Perché se è vero che gli anziani si scoprono sempre più come risorsa per le famiglie in questi tempi di crisi, è anche opportuno pensare concretamente ed attivamente a salvaguardare la loro condizione in una società che per molti versi può risultare difficile se non ostile agli stessi.

Ci sono incontri si occupano di prevenzione delle truffe di cui spesso gli anziani sono vittime (dai conti correnti bancari alle bollette delle utenze con contratti capestro); altri che mettono a tema la questione del cibo; altri ancora che si propongono di spezzare i vari cerchi di solitudine entro i quali l’anziano progressivamente cade.

Altro fronte è quello dell’educazione al digitale: in molte realtà locali (in particolare presso le biblioteche comunali) si svolgono corsi specifici adatti a quanti sono alle prime armi, soprattutto per l’utilizzo degli strumenti ormai indispensabili come quello della Identità Digitale.

Opportunità da cogliere quindi, ma anche da inquadrare in un contesto che riscopra sempre più e rilanci la dimensione dell’anziano, nella dignità della persona, nella sua interezza, nella sua complessità, nella sua capacità di essere sintesi di tradizione e di apertura al futuro.

L’associazionismo cattolico, come le ACLI, ha questa specificità che fa veramente la differenza: oltre le statistiche, e piani di intervento sociale, con un occhio di riguardo agli invisibili della terza età: quelli che non “riescono” a farsi vedere, ascoltare e … aiutare.

Un numero crescente, dicono gli operatori sociali, che testimonia un disagio diffuso nelle nostre comunità e che, a ben pensare, ci impoverisce tutti.

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Morto un 730 se ne fa – forse – un altro. Potrebbe essere necessario laddove ci si accorga che qualcosa è andato storto nell’elaborazione del modello originario. Ecco che allora subentrerebbe il cosiddetto 730 integrativo, la cui fase di presentazione tramite CAF, o direttamente (ove possibile) col programma dell’Agenzia, scade come di consueto il 25 ottobre.

Attenzione però, perché il 730 integrativo è possibile farlo solo in alcuni casi, vale a dire in presenza di errori che non abbiano alterato l’esito fiscale della dichiarazione, quindi errori che non abbiano influito sui valori finali dell’imposta o dell’eventuale credito, oppure di errori che abbiano sì alterato l’esito del 730, ma pur sempre a sfavore del contribuente, cioè in pratica quando l’errore è andato non a vantaggio bensì a discapito del contribuente, che dunque con l’integrativo potrà recuperare in tempi rapidi.

Domanda classica: è possibile trasmettere un integrativo autonomamente, come se fosse un normale 730 precompilato, oppure devo per forza affidarmi a un CAF/commercialista? In linea di massima la presentazione autonoma non è possibile come per i precompilati che si trasmettono entro settembre, quindi con ogni probabilità sarà necessario affidarsi a un intermediario come CAF ACLI.

Distinguiamo però le diverse casistiche in modo da fare chiarezza. Il 730 integrativo presuppone infatti tre diverse tipologie di modello che variano a seconda dell’errore commesso nella dichiarazione originaria. Abbiamo allora il modello di tipo:

  • “01” (cioè il codice numerico da inserire sul frontespizio per distinguere appunto la tipologia di integrativo), qualora la correzione fosse effettuata solo per modificare determinati redditi dichiarati in misura superiore rispetto a quelli effettivamente percepiti, oppure per inserire oneri detraibili/deducibili dimenticati in precedenza;
  • “02”, se invece si dovessero rettificare soltanto i riferimenti del sostituto d’imposta;
  • “03”, se le rettifiche riguardassero sia i dati del sostituto che i redditi computati in eccesso o le voci detraibili/deducibili.


Quindi, per rispondere con esattezza alla domanda “come lo trasmetto?”, va detto che l’unica casistica nella quale il contribuente potrebbe fare a meno di rivolgersi all’intermediario (CAF o commercialista che sia) è il modello di tipo “02”, quindi per correggere unicamente il quadro del sostituto d’imposta, e solo – attenzione – se il 730 originario fosse già stato trasmesso in via autonoma tramite il sito dell’Agenzia. In tutti gli altri casi – modelli “01” e “03” – la trasmissione autonoma non è fattibile, quindi servirà un intermediario. Trattandosi oltretutto di errori che hanno inciso sull’esito contabile della dichiarazione, occorrerà tutta la documentazione che dimostri la necessità di mettere mano al modello.

Ma quali sono gli errori che vengono commessi con maggiore frequenza? Senza dubbio a farla da padrone è la correzione del rigo E1, quello delle spese sanitarie tanto per intenderci. L’esempio più classico è quello della ricevuta medica o degli scontrini farmaceutici che “riemergono” improvvisamente dalla tasca del cappotto o dal cassetto del comodino quando ormai il 730 è già bello che trasmesso.

Ma in molti altri casi l'incremento della detrazione deriva dalla correzione dei carichi fiscali spettanti, soprattutto quando ci sono i figli di mezzo. In effetti, quando ci si accorge che conviene attribuire a un genitore piuttosto che all’altro il 100% della detrazione relativa a un figlio a carico, conseguentemente anche le eventuali detrazioni sulle spese mediche del figlio andranno riproporzionate; oppure vi sono altre situazioni in cui può capitare di scoprire che un familiare ritenuto fiscalmente “autonomo” avrebbe in realtà potuto essere messo a carico, perché detentore di un reddito non superiore alla soglia di 4.000 o 2.840,51 euro annui.

Tutto questo, insomma, per dire che l’errore è più probabile di quanto sembri, e che una distrazione o una dimenticanza possono capitare con facilità. Se allora non foste pronti a mettere la mano sul fuoco per quanto dichiarato sul 730/2022, un ripasso veloce sulla documentazione e sulle fatture potrebbe non essere una cattiva idea. Anzi.

fonte - www.caf.acli.it - Luca Napolitano

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Andare in pensione e continuare a lavorare è una situazione che riguarda molti cittadini; i contributi versati non vanno persi, possono dare origine ad un aumento della pensione. Il supplemento di pensione si può ottenere solo a domanda, nei tempi e modi previsti dalla norma. 

I contributi versati dopo il pensionamento non sono stati utilizzati per il calcolo della pensione: in altre parole sono contributi versati che potranno essere utilizzati per aumentare l’ammontare della pensione in pagamento. 

Il supplemento di pensione altro non è che un incremento della pensione già percepita a suo tempo, dovuto agli accrediti di contribuzione previdenziale. In buona sostanza si tratta di una somma aggiuntiva di pensione che viene erogata solo su domanda in via telematica all’INPS. 

Quando fare la domanda 

Il pensionato può richiedere tale prestazione trascorsi soltanto due anni dalla decorrenza di pensione o dal precedente supplemento, a condizione che sia già stata compiuta l’età prevista per la pensione di vecchiaia nella gestione in cui si chiede il supplemento. 

È invece diverso per il supplemento richiesto per le pensioni dei lavoratori iscritti alla gestione separata. In questa gestione infatti il supplemento deve essere richiesto per la prima volta dopo due anni dalla decorrenza di pensione e poi ogni cinque anni indipendentemente dal compimento dell’età della pensione di vecchiaia.

Il calcolo 

Per la determinazione dell’importo del supplemento, vengono seguiti i criteri generali delle pensioni: per gli importi successivi al 31/12/1995 viene utilizzato il sistema retributivo se il titolare ha già maturato i 18 anni di contributi a tale data. Fermo restando che invece i contributi versati a partire dal 01/01/2012 saranno conteggiati con il sistema contributivo. 

La validità della domanda 

La decorrenza di tale prestazione è fissata dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda. Tale prestazione non prevede il calcolo degli arretrati anche se il diritto era stato maturato prima dell’invio della domanda.  

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fonte - www.patronato.acli.it 

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Benessere integrale per la terza e quarta età, questa è la nuova frontiera

 Un anziano in salute è una risorsa per la società. Corpo e mente sani,  per avere maggiore fiducia in se stessi e continuare a sostenere la famiglia e continuare ad essere parte attiva nella propria comunità.

Il benessere integrale degli anziani deve essere dunque al centro di una strategia sociale che riconosce a queste fasce d’età un ruolo sempre più essenziale.

Il mese di ottobre si apre con la festa dei nonni, allargata a tutti gli ultra sessantacinquenni: una popolazione in costante aumento nei prossimi anni e che si scopre sempre più in grado di dare un apporto di esperienza, nelle famiglie e nel lavoro, con la capacità di ascoltare, consigliare, elaborare cultura, tramandare tradizioni che costituiscono l’identità personale e collettiva.

La pandemia è stata una esperienza dura, per tutta la società ma soprattutto per loro, gli anziani che (lo ricordiamo) all’inizio erano visti con sospetto, come un peso e un pericolo … e poi l’isolamento, senza vedere i figli, i nipoti gli amici: ora c'è tanta voglia di ripartire, di ritornare attivi, in salute.

 É interesse di tutta la società favorire il mantenimento dall'autosufficienza della persona anziana, per una buona e dignitosa qualità di vita.

Le rilevazioni statistiche dicono di una forte ripresa di domanda e di partecipazione ad incontri culturali, viaggi, iniziative sociali...

 Di rapporti da recuperare e "cose da fare; anche se con la crisi energetica in a causa della guerra in Ucraina si profilano mesi decisamente difficili.

Ma le sfide del lockdown hanno stimolato negli anziani nuovi interessi, in particolare verso gli strumenti digitali; e così si è avvertita la necessità usare i social e il computer, di tenersi in contatto con WhatsApp, di usare lo Spid (identità elettronica) per accedere alla documentazione sanitaria, di partecipare a video-conferenze, superando resistenze psicologiche e pregiudizi dovuti al proprio percorso di lavoro e di formazione.

Prioritaria resta comunque la salute che può essere garantita solo con una attenta prevenzione delle malattie non solo geriatriche, tenendo presente che chi è in buona salute, autonomo e capace di organizzarsi, può avere degli acciacchi dovuti all'età.

Ma, a parte i casi di invecchiamento precoce, oggi un 70enne in forma non può dirsi anziano nell'accezione comune, per cui si parla di terza e di quarta età', anche perché crescono statisticamente i bisnonni con figli ultra sessantenni che li accudiscono.

Come fare allora per assicurare la buona salute alle terze e quarte età?

Le strutture sanitarie, sia a livello nazionale che territoriale, devono porsi questo interrogativo e attuare politiche concrete, in particolare per assicurare l’accessibilità ai servizi, snellendo le procedure burocratiche che rendono ancora più fragili le persone in difficoltà, soprattutto sole.

E se talvolta si rileva la carenza di medici di base (in avvicendamento di quelli che vanno in pensione) a livello nazionale le associazioni di categoria fanno notare che in Italia mancano circa 30mila specialisti, da distribuire sui territori in base alla popolazione delle singole regioni.

Si dovrebbe pensare anche alla creazione blocchi residenziali inseriti nei contesti urbani, adatti alle terze e quarte età, con aree specifiche per favorire la socialità e il benessere “integrale” dell’anziano.

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