Articoli filtrati per data: Dicembre 2024
Giornata della Donna. Coordinamento Donne Acli l’8 marzo resista come ricorrenza celebrativa
“Le donne sono un motore economico fondamentale per la società di oggi e non solo per il lavoro di cura e assistenza. Di fronte alla disparità di genere che sta penalizzando le donne, a partire dal lavoro, è necessario ribadire il valore della presenza femminile nella società soprattutto in questo periodo di crisi”. Con queste parole la coordinatrice delle Donne Acli, Elisabetta Zanon, interviene portando la voce delle ACLI di Vicenza aps in occasione di una delle ricorrenze più sentite dall’Associazione.
E sull’esigenza di non dimenticare l’8 marzo, la coordinatrice Donne Acli di Vicenza, Elisabetta Zanon, è chiara: “è più che mai necessario che l’8 marzo resista come ricorrenza celebrativa della Donna, perché offre l’occasione di riflettere su temi e problemi economici e sociali che, ancora troppo spesso, non vengono presi in adeguata considerazione”.
Spese tracciabili detrazione Modello 730
Da qui la domanda: a chi va la detrazione? Può il coniuge A – intestatario del documento di spesa – portarsi in dichiarazione una spesa che di fatto è stata pagata da B? Secondo l’Agenzia delle Entrate sì, perché non viene meno la ratio sostanziale della norma, ovvero quella di “assicurare” l’effettuazione della spesa con metodi tracciabili, a prescindere da quale “tasca” venga poi effettivamente sborsato l’importo.
L’indicazione è di non poco conto, ovviamente in previsione dell’adempimento dichiarativo del Modello 730/2022 (per cui è possibile contattare CAF ACLI), in riferimento all’anno 2021. Ricorderete che dal 2020 è stato introdotto l’obbligo indistinto di effettuare con metodo tracciabile (vedi assegni, bonifici, bancomat, card elettroniche, app, ecc) le spese per cui in dichiarazione vale la detraibilità al 19%, salvo che per i medicinali e per le spese mediche in strutture pubbliche o private convenzionate col SSN.
L’obbligo, allora, nella testa del contribuente comporta il dubbio del supplemento documentale riferito alla spesa e della sua eventuale rilevanza ai fini del beneficio fiscale: se la spesa deve essere tracciata, servirà anche la ricevuta del bancomat? E il bancomat dovrà per forza essere intestato alla stessa persona che poi detrarrà l’onere?
Proprio su questo verte l’interpello dell’Agenzia che con estrema chiarezza risponde: “Si ritiene che l'onere possa considerarsi sostenuto dal contribuente al quale è intestato il documento di spesa (cioè in sostanza la fattura del negozio o della ditta, ndr), non rilevando a tal fine l'esecutore materiale del pagamento (cioè la persona titolare della carta, ndr) aspetto quest'ultimo che attiene ai rapporti interni fra le parti. Tuttavia, tenuto conto della ratio della disposizione in esame, occorre assicurare la corrispondenza tra la spesa detraibile per il contribuente ed il pagamento effettuato da un altro soggetto”.
Quindi, in parole povere, torniamo alla premessa: se la fattura – facciamo un esempio – di un dispositivo medico è intestata al coniuge A, ma l’importo del pagamento è partito materialmente dalla carta di credito di B, la detrazione può tranquillamente essere accreditata ad A, perché ciò che più preme al legislatore (la ratio della norma) non è tanto che vi sia corrispondenza fra chi acquista materialmente il bene e chi invece ne è l’intestatario, piuttosto che venga soddisfatto l’obbligo di tracciamento della spesa, a condizione ovviamente che tra la fattura/ricevuta di acquisto e lo scontrino del pagamento vi sia piena corrispondenza sull’importo.
Luca Napolitano - Sede Nazionale Caf Acli
BONUS ASILO NIDO 2022
E' possibile inoltrare domanda del “bonus asilo nido2022"
Cosa si ottiene?
importo del buono fino a un massimo di 3.000 euro sulla base dell’ ISEE minorenni, in corso di validità, riferito al minore per cui è richiesta la prestazione.
Il premio è corrisposto direttamente dall’INPS su domanda del genitore.
Domanda da presentare entro il 31.12.
Chi può ottenere il bonus?
La domanda può essere presentata dal genitore di un minore nato o adottato in possesso dei seguenti requisiti :
- cittadinanza italiana;
- cittadinanza UE;
- permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (l’Istituto, in ottemperanza alle pronunce degli organi giudiziari ed in attesa delle definitive decisioni in materia, provvede – allo stato – all’esame delle domande presentate anche dai cittadini extracomunitari che non sono titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo);
- carte di soggiorno per familiari extracomunitari di cittadini dell’Unione europea; (art. 10, decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30);
- carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza dell’Unione europea (art. 17, d.lgs. 30/2007);
- status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria;
- residenza in Italia;
- relativamente al contributo asilo nido, il genitore richiedente deve essere il genitore che sostiene l’onere del pagamento della retta;
- relativamente al contributo per forme di assistenza domiciliare, il richiedente deve coabitare con il figlio e avere dimora abituale nello stesso comune.
Tutti i requisiti devono essere posseduti alla data di presentazione della domanda.
In caso di adozioni o affidamenti preadottivi verrà presa in considerazione la data più favorevole tra il provvedimento di adozione e la data di ingresso in famiglia del minore, purché successivo al 1° gennaio 2016.
Domanda
Nel caso in cui il richiedente intenda accedere al bonus asilo nido si ricorda che, ai fini del rimborso, è necessario che la domanda sia presentata dal genitore che sostiene il pagamento della retta.
Il genitore richiedente dovrà specificare nella domanda se l’asilo nido frequentato dal minore sia pubblico o privato autorizzato e indicare, in tal caso, oltre alla denominazione e al codice fiscale della struttura, anche gli estremi del provvedimento autorizzativo.
Il richiedente dovrà indicare, inoltre, le mensilità relative ai periodi di frequenza scolastica compresi tra gennaio e dicembre 2021, per le quali intende ottenere il beneficio. Ciò permetterà di accantonare gli importi relativi ai mesi prenotati. Il sistema di acquisizione della documentazione non permetterà quindi di allegare documentazione per mensilità non specificate in fase di domanda, per le quali pertanto non sarà prenotato il budget. Nel caso in cui si intenda richiedere il bonus per mesi ulteriori rispetto a quelli già indicati, anche se per lo stesso minore, sarà necessario presentare una nuova domanda, anch’essa sottoposta alla verifica della disponibilità del budget stanziato. Alla presentazione della domanda dovrà essere allegata la documentazione comprovante il pagamento della retta relativa ad almeno un mese di frequenza per cui si richiede il beneficio oppure, nel caso di asili nido pubblici che prevedono il pagamento delle rette posticipato rispetto al periodo di frequenza, la documentazione da cui risulti l’iscrizione o comunque l’avvenuto inserimento in graduatoria del bambino. Conclusa la fase di allegazione contestuale e inserite tutte le informazioni richieste, la domanda sarà protocollata ai fini dell’impegno del budget richiesto. Le ricevute corrispondenti ai pagamenti delle rette relative ai mesi successivi dovranno essere allegate entro la fine del mese di riferimento e, comunque, non oltre il 1 aprile 2023.
In ogni caso il rimborso avverrà solo dopo aver allegato la ricevuta di pagamento.
La prova dell’avvenuto pagamento potrà essere fornita tramite: ricevuta, fattura quietanzata, bollettino bancario o postale e, per i nidi aziendali, anche tramite attestazione del datore di lavoro o dell’asilo nido, dell’avvenuto pagamento della retta o trattenuta in busta paga.
Nel caso in cui una delle suddette ricevute sia relativa al pagamento di più mesi di frequenza, il file dovrà essere allegato rispetto ogni mese a cui si riferisce. (Esempio: al fine di ricevere il contributo per tutti i mesi compresi nell’intervallo, gennaio-marzo, l’eventuale fattura cumulativa andrà allegata con riferimento a ogni mensilità). Qualora, invece, per lo stesso mese siano presenti più fatture occorre allegarle in un unico file
La documentazione di avvenuto pagamento dovrà indicare:
- la denominazione e la partita iva dell’asilo nido;
- il codice fiscale del minore;
- il mese di riferimento;
- gli estremi del pagamento o la quietanza di pagamento;
- il nominativo del genitore che sostiene l’onere della retta.
Domanda bonus per le forme di supporto presso la propria abitazione
Nell’ipotesi in cui si intenda accedere al bonus per l’introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione, il genitore richiedente dovrà allegare, all’atto della domanda, un’attestazione rilasciata dal pediatra di libera scelta, che dichiari per l’intero anno di riferimento, “l’impossibilità del bambino a frequentare gli asili nido in ragione di una grave patologia cronica”. In tale ipotesi l’Istituto erogherà il bonus in un'unica soluzione.
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Il ruolo dei Medici di Medicina Generale nella riorganizzazione della medicina territoriale
IL MEDICO DI FAMIGLIA DEVE CONSERVARE LA PROPRIA AUTONOMIA, IN UN RAPPORTO DI FIDUCIA CON I PAZIENTI E CON UNA PRESENZA CAPILLARE SUL TERRITORIO
Nello scorso mese di gennaio è stato firmato l'Accordo collettivo nazionale (Acn) per la Medicina generale 2016-2018. L’accordo è infatti relativo ancora al biennio 2016/2018 e riguarda 40 mila Medici (sui totali 44.000 circa) di medicina generale perché è stato al momento sottoscritto dal sindacato maggioritario Fimmg (Federazione Italiana Medici Medicina Generale) e dalla Cisl Medici. Un traguardo importante dopo una lunga ed impegnativa trattativa e che contiene aspetti innovativi per la medicina del territorio ed è fondamentale per colmare il ritardo accumulato in questi anni di emergenza pandemica in cui i Mmg ( molti dei quali sono tra i 370 medici deceduti per covid-19) hanno lavorato senza Acn, e sono stati in prima linea con compensi inadeguati, e soprattutto “spesso sono stati lasciati soli e senza adeguati supporti da parte delle Aziende sanitarie” (Silvestro Scotti Segretario nazionale della Fimmg).
Abbiamo assistito in questi mesi di pandemia a dei grossi limiti e alle tante carenze della medicina territoriale che si è dimostrata sicuramente impreparata, in gran parte delle Regioni, a far fronte alla assistenza e alla cura dei pazienti, soprattutto degli anziani, colpiti dal Covid 19, molti dei quali sono deceduti. Ma nonostante questo, in base ai dati raccolti da un’indagine condotta da Euromedia research (giugno 2021), il 77,5% degli intervistati dimostra piena fiducia e considera il ruolo del Medico di famiglia centrale nella vita e nella quotidianità delle persone.
Tra le novità più importanti dell'accordo siglato c'è l’evoluzione del modello organizzativo territoriale attraverso l’istituzione su tutto il territorio nazionale delle Aggregazioni Funzionali Territoriali dei Mmg (AFT già previste in Veneto ormai da una decina di anni anche se non ancora completamente realizzate) vale a dire una decisa opzione per il lavoro di gruppo dei Mmg.
In questi mesi, inoltre, si è sviluppato un forte dibattito rispetto al rapporto di lavoro dei Mmg nelle Aziende sanitarie locali.
A sollevare il problema, che ha visto l'immediata opposizione dei sindacati dei Mmg, sono stati, nello scorso mese di settembre gli Assessori regionali alla salute che hanno firmato un documento in cui propongono il passaggio dei Mmg alla dipendenza alle Regioni o di accreditarli oppure infine di avviare un regime misto. Nel documento si fanno varie ipotesi sul futuro inquadramento dei medici ma viene ribadito anche un punto fermo che sembra essere in realtà incompatibile proprio con la dipendenza: il rapporto fiduciario con i pazienti deve restare perché tutti i cittadini continuino ad avere un medico di famiglia o un pediatra di riferimento. Il documento sostiene inoltre che l'obiettivo è di portare, quando possibile, le cure a casa dei cittadini o comunque vicino, in ambulatori e presidi sanitari presenti nelle città e nei paesi. In questo senso si stanno definendo, come è noto, le "Case della Comunità", l'unico modo, secondo gli Assessori regionali, per dare una risposta ai cittadini "anche perché è già stato avviato con i finanziamenti previsti nel PNRR, un investimento non indifferente su queste strutture". Gli Assessori regionali aggiungevano, sempre nel documento, che per come è organizzata oggi la medicina generale da un lato "non riesce ad essere valorizzata all'interno dei sistemi regionali, diventando un ostacolo al percorso di sviluppo e ristrutturazione". E dall'altro non consente di attuare un sistema di controllo adeguato considerato che per quanto riguarda la convenzione "non si contempla un sistema di valutazione che abbia delle effettive ricadute e possa costituire un incentivo". Ovvero non è possibile intervenire su chi sbaglia o non fa il proprio dovere.
A sostegno della opposizione dei Mmg alla proposta degli Assessori regionali è arrivato in questi giorni il “Rapporto Mercer” coordinato dall' ex ministro del Wellfare Maurizio Sacconi, centrato proprio sulla riforma della medicina territoriale, i cui risultati vanno nella direzione di sostenere la posizione dei Mmg di continuare ad auto-organizzarsi e convenzionarsi senza passare alla dipendenza che si configurerebbe come compromesso perdente per loro e anche per i cittadini e per lo stesso Servizio Sanitario Nazionale.
Il documento - nel ricordare che il Recovery Plan stanzia 7 miliardi per 1350 Case della Comunità dove ospitare Mmg e Pediatri ma anche Infermieri di comunità, Medici specialisti (cardiologo, pneumologo, diabetologo), Assistenti sociali, Logopedisti, Fisioterapisti- esplora l'ipotesi di trasformare il Mmg in pubblico dipendente. Scarta questa ipotesi perché il paziente, perderebbe la libertà di scelta e il rapporto fiduciario, non aderirebbe alle cure; inoltre i medici costerebbero di più sia perché godrebbero di ferie, permessi, assenze e sostituzioni a carico del Ssn, sia perché per l'Azienda Sanitaria crescerebbero gli oneri di conduzione di strutture e strumenti di sua proprietà. Tutto ciò, a fronte di orari di reperibilità più limitati per gli utenti, di scarsi incentivi data la ridotta quota di compenso legata alla performance, di minor tempo per la formazione continua, di rigidità strutturali nel garantire la prossimità fin qui offerta dagli studi "capillari". Inoltre secondo simulazioni l’Enpam che è l'ente di previdenza dei medici, con il passaggio a dipendenza, genererebbe nella Fondazione una voragine di ben 84 miliardi di euro.
Il Rapporto Mercer ipotizza una soluzione sul tipo delle “società tra professionisti-StP” previste dall' all'articolo 10 della legge 183/2011. La figura giuridica della StP (Società tra Professionisti) iscritta all'ordine, consentirebbe a ciascuno dei medici partecipanti di convenzionarsi con il SSN "garantendo, nel rapporto fiduciario pure la qualità dei colleghi destinati a sostituirlo". Stipendio e contributi andrebbero al singolo professionista che partecipa alle spese della struttura. Non è esclusa però per la StP la possibilità di avvalersi di una cooperativa di servizio dei Mmg come quelle oggi esistenti per le attività di supporto e il contenimento dei costi di acquisto.
Anche la Fimmg, che, come detto, è il sindacato più rappresentativo dei Medici di famiglia, nei mesi scorsi ha elaborato un documento inviato alle istituzioni, con le proposte per una revisione della Medicina generale. I Medici di famiglia ribadiscono la disponibilità a ridiscutere nuove modalità operative ma "blindano" la capillarità degli studi e lanciano la proposta di una rete "Hub&Spoke" con le Case della Comunità (nel ruolo di Hub) previste dal PNRR, asserendo che solo mantenendo gli studi aperti in forma di Aggregazioni funzionali territoriali (Spoke) si riesce a preservare il rapporto fiduciario che li lega al paziente. "La medicina di famiglia - si legge nel documento - va vista in quanto Lea (Livello essenziale di assistenza) e a partire da questo presupposto va sostenuta come mai è stato fatto fino a oggi malgrado i proclami. Il convenzionamento è l'unico rapporto possibile”.
Questo del ruolo del Medico di medicina generale nella ormai imminente riorganizzazione della medicina territoriale, è dunque uno dei nodi centrali che va quanto prima risolto nell'interesse prioritario della assistenza sanitaria alle persone e della riuscita del processo stesso di riorganizzazione.
Le ACLI di Vicenza aps sull’invasione russa dell’Ucraina
Le ACLI di Vicenza aps esprimono la loro preoccupazione ed una condanna ferma e decisa per l'invasione russa dell'Ucraina e per le conseguenze che tale atto sta causando a civili inermi ed alle istituzioni democratiche pubbliche e private del Paese.
“Sebbene siano stati attivati sforzi diplomatici intensi in queste ultime settimane, al fine di prevenire l'attacco militare – commenta il presidente provinciale delle ACLI di Vicenza aps, Carlo Cavedon – il presidente russo Putin ha scelto la via dei muscoli e della forza per imporre un suo preciso scopo geopolitico: una pseudo restaurazione dell'Urss. La scusa di andare in soccorso delle repubbliche in maggioranza filorusse del Donetsk e Luhansk nel Donbass è stata fin da subito poco credibile, visto l'immenso numero di truppe schierate da mesi al confine con l'Ucraina: l'intento era ben diverso ed in queste ore ne abbiamo la prova. La storia stessa, con l'annessione, di fatto, dei territori di Abkhazia, Ossezia e Transnistria georgiani e più recentemente della Crimea, dimostra come la strategia fagocitante voluta da Putin verso le ex repubbliche sovietiche sia in atto da più di 20 anni”.
Il punto di vista delle ACLI di Vicenza aps è chiaro: “La Nato ha delle colpe, sia con il precedente storico dell'intervento in Serbia e del bombardamento di Belgrado, che con la possibile adesione dell'Ucraina all'Alleanza Atlantica, visto che era ben noto come tale adesione avrebbe aumentato il sentore di minaccia ed accerchiamento per la Russia. L'Europa stessa, da questa situazione, dovrà trarne le dovute conclusioni e fare un passo decisivo verso la costituzione di una difesa comune strutturata: poggiare le proprie necessità di difesa solamente sull'intervento americano non è più sufficiente”.
Il contesto europeo è preoccupante. “Non possiamo non evidenziare – sottolinea il presidente Cavedon – come sia stato a tratti deprimente vedere diversi leaders europei andare a trattare con Putin, anziché avere un unico interlocutore europeo che chiarisse le posizioni dell'Ue: solamente un'Europa più unita e che parli con un'unica voce potrà essere credibile e salvaguardare le libertà acquisite dal dopoguerra ad oggi. Quanto sta succedendo in queste ore evidenzia la fragilità di alcuni Stati europei, in particolare dell'Italia, sul versante energetico: urge un piano strategico che ci permetta di sganciarci dal cappio del gas russo”.
Le ACLI di Vicenza aps aderiranno alla giornata di digiuno per la pace promossa per il prossimo 2 marzo da Papa Francesco, con la speranza, seppur tenue, che l'attacco russo ora in atto si esaurisca rapidamente e con il minor numero di vittime possibile: il rischio di una guerra civile nel cuore dell'Europa è un rischio molto elevato che avrà ripercussioni su tutti noi.
“Le risoluzioni dei conflitti internazionali basati sull’uso delle armi – conclude il presidente Cavedon – non portano mai a soluzioni giuste, stabili e costruttive: la storia ce lo insegna”.
Un nuovo bonus INPS per genitori disoccupati o monoreddito con figli disabili
In attuazione di quanto già previsto dalla legge di Bilancio 2021 (art. 1 commi 365 e 366 Legge 178/2020) INPS comunica l’apertura delle procedure per richiedere il nuovo contributo economico a sostegno delle famiglie con basso reddito e con figli disabili a carico.
Con il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 12 ottobre 2021 sono stati individuati i destinatari, le modalità di presentazione delle domande e di erogazione dei contributi.
Possono richiedere il bonus i genitori con figlio/i disabili a carico (per figlio a carico, si intende un figlio con reddito non superiore a 4.000 euro, se entro i 24 anni di età, e non superiore a 2.840,51 euro se maggiore di 24 anni), la cui disabilità dovrà essere riconosciuta nella misura non inferiore al 60%.
I possibili beneficiari sono:
- genitori disoccupati o monoreddito (con reddito annuo da lavoro dipendente non superiore a 8.145 euro o 4.800 euro se autonomi);
- nuclei familiari monoparentali (con ISEE non superiore a 3.000 euro).
Il contributo è erogato su richiesta dell’interessato per gli anni 2021, 2022 e 202
Andrà anche allegata l’autocertificazione del possesso dei requisiti e da subito indicata la scelta della modalità di messa in pagamento:
- bonifico domiciliato presso ufficio postale;
- accredito su IBAN di conto corrente bancario, di carta ricaricabile o di libretto postale.
Il bonus sarà erogato da Inps con cadenza mensile per l’intero anno e vedrà un importo variabile, fino ad un massimo di 500 euro netti. L’importo del bonus, in base al numero di figli disabili a carico, varierà tra 150 per un solo figlio, 300 euro per due figli e 500 euro per tre o più figli.
INPS comunica inoltre che il contributo è cumulabile con il Reddito di cittadinanza e non concorre alla formazione del reddito.
Ricordiamo che andrà comunicata a Inps ogni variazione sulla perdita del diritto al bonus, che decade in caso di:
- decesso del figlio;
- perdita della potestà genitoriale;
- affidamento del figlio a terzi o ricovero presso una struttura residenziale di cura a carico dello Stato.
I genitori interessati a presentare la domanda possono rivolgersi alle sedi del Patronato Acli di Vicenza previo appuntamento.
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Essere in sovrappeso non è solo una questione “estetica” ma espone a rilevanti rischi di salute
Mangiare sano non è poi così difficile: alcuni suggerimenti semplici, di facile e graduale attuazione
Tutti siamo consapevoli che dobbiamo mangiare in modo più sano.
Perché abbiamo difficoltà a farlo? Dobbiamo superare il pregiudizio che il cibo sano sia più costoso, difficile da cucinare e poco gustoso.
Le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ci dicono che in Italia sono 18 milioni gli adulti in sovrappeso (35,5%) e 5 milioni quelli obesi, una persona su dieci; inoltre il 30% dei bambini è in sovrappeso e il 9,4% è obeso (dati del 2019). Negli ultimi trent’anni l’incidenza del sovrappeso ha visto un aumento del 30 per cento e l’obesità è aumentata del 60%. È poi ben noto che con riferimento all'impatto del Covid-19, l’obesità è una delle cause più frequenti di comorbilità nei deceduti per coronavirus, che spesso si accompagna a ipertensione, diabete e a un sistema immunitario meno efficiente.
Eppure, chiunque di noi, richiesto di elencare i cibi sani che fanno bene alla nostra salute non avrebbe alcuna difficoltà a recitarli a memoria: basta seguire una dieta mediterranea con più frutta, verdura e legumi; meno cereali e meglio se integrali; più pesce, meno carne rossa e cibi trasformati e confezionati; contenere il consumo di grassi da condimento privilegiando olio extra vergine di oliva e oli vegetali, con meno sale e zuccheri, bere molta acqua.
Infatti, negli ultimi anni i media quotidianamente sui giornali, in televisione e sui social offrono proposte dietetiche le più diverse ma che alla fine convergono tutte, almeno quelle che si basano su studi scientifici controllati, sui sintetici consigli sopra riportati.
Sembrerebbe dunque abbastanza semplice, eppure c'è una grande discrepanza tra ciò che sappiamo sulla alimentazione salutare e i comportamenti alimentari che mettiamo in atto, come documentano alcune ricerche recenti. Tra queste, particolarmente interessante quella condotta da Renata Bracale, professore associato in Nutrizione Umana presso l’Università degli Studi del Molise, ed altri ricercatori italiani che hanno pubblicato sulla Rivista “Eating and Weight Disorders Bulimia and Obesity (n. 25, 2020), un’indagine mirata condotta su 27.540 soggetti tesa a verificare l’aderenza degli italiani adulti ai dettami della dieta mediterranea. I risultati hanno indicato che le abitudini alimentari e di vita degli intervistati sono distanti da tali dettami. Infatti più della metà degli intervistati ha dichiarato uno scarso consumo di tutti gli elementi base della piramide (es. frutta, verdura e cereali) e un consumo superiore a quello raccomandato di dolci, carni rosse e carni lavorate. Un altro risultato che merita attenzione è il fatto che in particolare, le donne e gli anziani, consumano quantità insufficienti di alcuni alimenti chiave inclusi nella piramide alimentare.
Ma perché, se sappiamo mangiare sano, solo una minoranza lo fa? Parte del problema risiede nelle ipotesi sbagliate delle persone.
Teresa Fung, professore a contratto di Nutrizione presso la T.H. Chan School of Public Health di Harvard, Boston, ha provato a fornire alcune spiegazioni e a proporre dei consiglia comportamentali in un interessante articolo apparso su “Harvard Men's Health Watch” (n.7, febbraio 2022), scritto pensando ai connazionali ma che vale anche per noi europei.
La Fung sostiene che molti ritengono che una alimentazione sana sia troppo restrittiva: a basso contenuto di grassi, a basso contenuto calorico, a basso contenuto di zuccheri. Inoltre, molti hanno la percezione che i cibi sani siano costosi e le ricette per prepararli siano troppo complesse. "Il messaggio generale è che un'alimentazione sana richiede troppo lavoro e che il cibo sano non è gustoso".
Per superare queste idee sbagliate, innanzitutto la Fung consiglia di rivedere le abitudini alimentari abituali. “Per una settimana, scrivi cosa mangi per ogni pasto e spuntino, includendo la quantità e i tempi. Una valutazione onesta può darti un'idea chiara di dove devi migliorare". Successivamente, adotta alcune piccole modifiche che possono aiutare a colmare le lacune ed espandere le attuali buone abitudini alimentari”.
La Fung consiglia poi di non porsi obiettivi troppo ambiziosi.
“Non è necessario apportare più cambiamenti dietetici significativi contemporaneamente per ottenere benefici per la salute. Cambia una cosa nella tua dieta per tre o quattro settimane. Una volta che diventa un alimento base della tua dieta, passa a un'altra area e ripeti il processo. Ad esempio, se bevi una bibita tre o quattro volte a settimana, riducila a due volte a settimana e sostituiscila con una miscela di acqua gassata negli altri giorni. Alla fine, bevi una bibita una volta alla settimana e poi basta”.
“Adotta una giornata vegetariana” consiglia sempre la Fung.
“Una volta alla settimana, diventa vegetariano per l'intera giornata e mangia solo frutta, verdura e cereali integrali (con forse un po’ di latticini magri o uova) e nessun cibo trasformato. Questo può aiutarti a riconoscere i tipi e le quantità di alimenti che devi mangiare senza la pressione schiacciante di farlo tutto il tempo. Potresti scoprire che le opzioni vegetariane sono più appetitose di quanto ti aspettassi. Quando ti senti più a tuo agio, aumentalo a due volte a settimana o anche più spesso”.
E ancora: “Se avere a che fare con ricette, ingredienti e cucinare ti intimidisce, concentrati sulla creazione di un solo pasto nuovo alla settimana, che può aiutare a rendere la preparazione dei pasti meno scoraggiante. Ci sono molte ricette facili e salutari su internet. Trova qualcosa che utilizzi ingredienti che ti piacciono, che richiedano solo pochi passaggi o abilità culinarie minime. Ognuno può avere un piatto preferito, quindi chiedi suggerimenti a famigliari ed amici che hanno intrapreso la tua stessa strada. "Questo può aiutare con la noia di mangiare gli stessi tipi di alimenti".
La Fung poi conclude: “Prova nuovi cibi. La prossima volta che vai al supermercato, compra qualcosa che mangi raramente, se non mai. Quando sei al ristorante, ordina un piatto preparato con un cibo nuovo per te. Prova anche cucine più globali come greca e indiana. "Più sperimenti, più puoi espandere il tuo palato e darti l'opportunità di mangiare cibi più sani. E non dimenticare di avvicinarti sempre alla sana alimentazione con uno spirito avventuroso. Mangiare sano non è cosa da un giorno. rendilo una parte eccitante della tua vita, sii aperto a provare nuovi cibi, ingredienti e piatti, che possono rendere divertente mangiare sano".
La riduzione dell' irpef operata dalla legge del Bilancio 2022
La riduzione dell’IRPEF si ottiene attraverso una rimodulazione delle aliquote e delle detrazioni; in particolare, nel TUIR, le innovazioni riguardano:
è l’articolo 11 (determinazione dell’imposta):
- gli scaglioni di reddito passano da cinque a quattro, con l’eliminazione del quinto e una ridefinizione del terzo e quarto scaglione di reddito;
- resta inalterata l’aliquota del primo scaglione, diminuiscono le aliquote del secondo e terzo scaglione mentre aumenta l’aliquota del quarto
Scaglioni e aliquote precedenti alla legge di Bilancio |
Nuovi scaglioni e aliquote |
a) fino a 15.000 euro, 23 per cento; |
a) fino a 15.000 euro, 23 per cento; |
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento; |
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25 per cento; |
c) oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento; |
c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento; |
d) oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento; |
d) oltre 50.000 euro, 43 per cento |
e) oltre 75.000 euro, 43 per cento. |
|
è l’articolo 13 (altre detrazioni)
Aumentano decisamente le detrazioni per lavoro dipendente e assimilato (comma 1):
Formulazione precedente alla legge di Bilancio 2022 |
Nuova formulazione |
a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro; |
a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro; |
b) 978 euro, aumentata del prodotto tra 902 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 28.000 euro; |
b) 1.910 euro, aumentata del prodotto tra 1.190 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 13.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro; |
c) 978 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 55.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 27.000 euro. |
c) 1.910 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro |
Se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 35.000 euro, la detrazione spettante è aumentata di un importo pari a 65 euro.
In questo caso, alcune detrazioni possono aumentare in misura considerevole infatti da un lato la nuova detrazione assorbe anche quella attribuita dall’articolo 2 del Dl 3/2020 (ulteriore detrazione fiscale), ora abrogato, mentre, dall’altro la diversa formulazione delle condizioni per la spettanza del trattamento integrativo di 1.200 euro annui, previsto dall’art. 1 dello stesso decreto, può portare notevoli benefici ai redditi fino a 28.000 euro.
Anche se il reddito complessivo oltre il quale il trattamento integrativo non spetta più passa da 28mila a 15mila euro, è tuttavia previsto che, se il reddito complessivo è compreso tra 15mila e 28mila euro, il trattamento integrativo sia comunque riconosciuto se la somma di alcune detrazioni (per carichi di famiglia, redditi da lavoro dipendente, assimilati e da pensione, mutui agrari e immobiliari per acquisto della prima casa in dipendenza di prestiti o mutui contratti fino al 31 dicembre 2021, erogazioni liberali, spese sanitarie, rate per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici e da altre disposizioni normative, per spese sostenute fino al 31 dicembre 2021) risulta superiore all’imposta lorda. In tal caso, il bonus spetta per un importo, comunque non superiore a 1.200 euro, pari alla differenza tra la somma di quelle detrazioni e l’imposta lorda.
Per i titolari di redditi di pensione (comma 3), aumenta la no tax area come conseguenza dell’innalzamento della detrazione da 1.880 euro a 1.955. Cambiano poi gli importi e il calcolo delle detrazioni relative alle altre fasce di reddito.
Formulazione precedente alla legge di Bilancio 2022 |
Nuova formulazione |
a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro; |
a) 1.955 euro, se il reddito complessivo non supera 8.500 euro. L’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro; |
b) 1.297 euro, aumentata del prodotto fra 583 euro e l'importo corrispondente al rapporto fra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.000 euro ma non a 15.000 euro; |
b) 700 euro, aumentata del prodotto fra 1.255 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 19.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 8.500 euro ma non a 28.000 euro; |
c) 1.297 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 40.000 euro. |
c) 700 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro. |
La detrazione spettante è aumentata di un importo pari a 50 euro, se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma non a 29.000 euro.
Aumentano anche le detrazioni per i redditi assimilati a quelli per lavoro dipendente indicati nella sezione II del quadro C e per altri redditi indicati nel quadro D al rigo D3 e al rigo D5 (comma 5).
Formulazione precedente alla legge di Bilancio 2022 |
Nuova formulazione |
a) 1.104 euro, se il reddito complessivo non supera 4.800 euro |
a) 1.265 euro, se il reddito complessivo non supera 5.500 euro; |
b) 1.104 euro, se il reddito complessivo è superiore a 4.800 euro ma non a 55.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 55.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 50.200 euro.; |
b) 500 euro, aumentata del prodotto fra 765 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 22.500 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 5.500 euro ma non a 28.000 euro; b-bis) 500 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro. |
La detrazione spettante è aumentata di un importo pari a 50 euro, se il reddito complessivo è superiore a 11.000 euro ma non a 17.000 euro.
Per comprendere, anche visivamente, la portata di tali modifiche in relazione ai tre diversi gruppi di contribuenti (dipendenti, pensionati, percettori di redditi per attività assimilate al lavoro dipendente, al lavoro autonomo e occasionale) nelle pagine seguenti proponiamo alcune simulazioni.
Reddito da lavoro dipendente e assimilato
Previgente normativa
Reddito complessivo |
IRPEF lorda |
Detrazione |
Trattamento integrativo |
Ulteriore detrazione |
IRPEF netta |
14.500,00 |
3.335,00 |
1.586,85 |
1.200,00 |
|
548,15 |
15.000,00 |
3.450,00 |
1.564,30 |
1.200,00 |
|
685,70 |
19.000,00 |
4.530,00 |
1.383,90 |
1.200,00 |
|
1.946,10 |
21.000,00 |
5.070,00 |
1.293,70 |
1.200,00 |
|
2.576,30 |
25.050,00 |
6.163,50 |
1.111,05 |
1.200,00 |
|
3.852,46 |
28.500,00 |
7.150,00 |
959,89 |
|
591,43 |
5.598,68 |
30.000,00 |
7.720,00 |
905,56 |
|
565,71 |
6.248,73 |
32.000,00 |
8.480,00 |
833,11 |
|
531,43 |
7.115,46 |
38.000,00 |
10.760,00 |
615,78 |
|
192,00 |
9.952,22 |
45.000,00 |
13.420,00 |
362,22 |
|
|
13.057,78 |
60.000,00 |
19.270,00 |
|
|
|
19.270,00 |
120.000,00 |
44.770,00 |
|
|
|
44.770,00 |
Attuale normativa
Reddito complessivo |
IRPEF lorda |
Detrazione |
Trattamento integrativo |
IRPEF netta |
Differenza |
14.500,00 |
3.335,00 |
1.880,00 |
1.200,00 |
255,00 |
293,15 |
15.000,00 |
3.450,00 |
1.880,00 |
1.200,00 |
370,00 |
315,70 |
19.000,00 |
4.450,00 |
3.232,31 |
* |
1.217,69 |
728,41 |
21.000,00 |
4.950,00 |
2.938,46 |
* |
2.011,54 |
564,76 |
25.050,00 |
5.962,50 |
2.408,42 |
* |
3.554,08 |
298,38 |
28.500,00 |
6.875,00 |
1.931,59 |
|
4.943,41 |
655,27 |
30.000,00 |
7.400,00 |
1.801,36 |
|
5.598,64 |
650,09 |
32.000,00 |
8.100,00 |
1.627,73 |
|
6.472,27 |
643,19 |
38.000,00 |
10.200,00 |
1.041,82 |
|
9.158,18 |
794,04 |
45.000,00 |
12.650,00 |
434,09 |
|
12.215,91 |
841,87 |
60.000,00 |
18.700,00 |
|
|
18.700,00 |
570,00 |
120.000,00 |
44.500,00 |
|
|
44.500,00 |
270,00 |
* Se il reddito complessivo è compreso tra 15mila e 28mila euro, il trattamento integrativo è comunque riconosciuto a condizione che la somma delle detrazioni previste dal secondo periodo dell’art. 1, comma 1 del DL 3/2020 sia superiore all’imposta lorda.
Reddito da pensione
Previgente normativa
Reddito complessivo |
IRPEF lorda |
Detrazione |
IRPEF netta |
14.500,00 |
3.335,00 |
1.338,64 |
1.996,36 |
15.000,00 |
3.450,00 |
1.297,00 |
2.153,00 |
19.000,00 |
4.530,00 |
1.167,30 |
3.362,70 |
21.000,00 |
5.070,00 |
1.102,45 |
3.967,55 |
25.000,00 |
6.150,00 |
972,75 |
5.177,25 |
25.050,00 |
6.163,50 |
971,13 |
5.192,37 |
28.500,00 |
7.150,00 |
859,26 |
6.290,74 |
30.000,00 |
7.720,00 |
810,63 |
6.909,38 |
38.000,00 |
10.760,00 |
551,23 |
10.208,78 |
45.000,00 |
13.420,00 |
324,25 |
13.095,75 |
60.000,00 |
19.270,00 |
|
19.270,00 |
120.000,00 |
44.770,00 |
|
44.770,00 |
Attuale normativa
Reddito complessivo |
IRPEF lorda |
Detrazione |
IRPEF netta |
Differenza |
14.500,00 |
3.335,00 |
1.568,85 |
1.766,15 |
230,20 |
15.000,00 |
3.450,00 |
1.536,67 |
1.913,33 |
239,67 |
19.000,00 |
4.450,00 |
1.279,23 |
3.170,77 |
191,93 |
21.000,00 |
4.950,00 |
1.150,51 |
3.799,49 |
168,06 |
25.000,00 |
5.950,00 |
893,08 |
5.056,92 |
120,33 |
25.050,00 |
5.965,50 |
923,25 |
5.042,25 |
150,12 |
28.500,00 |
6.875,00 |
802,50 |
6.072,50 |
218,24 |
30.000,00 |
7.400,00 |
700,00 |
6.700,00 |
209,38 |
38.000,00 |
10.200,00 |
420,00 |
9.780,00 |
428,78 |
45.000,00 |
12.650,00 |
175,00 |
12.475,00 |
620,75 |
60.000,00 |
18.700,00 |
|
18.700,00 |
570,00 |
120.000,00 |
44.500,00 |
|
44.500,00 |
270,00 |
Altri redditi
Previgente normativa
Reddito complessivo |
IRPEF lorda |
Detrazione |
IRPEF netta |
14.500,00 |
3.335,00 |
890,68 |
2.444,32 |
15.000,00 |
3.450,00 |
879,68 |
2.570,32 |
19.000,00 |
4.530,00 |
791,71 |
3.738,29 |
21.000,00 |
5.070,00 |
747,73 |
4.322,27 |
24.000,00 |
5.880,00 |
681,75 |
5.198,25 |
25.000,00 |
6.150,00 |
659,76 |
5.490,24 |
28.500,00 |
7.150,00 |
582,79 |
6.567,21 |
30.000,00 |
7.720,00 |
549,80 |
7.170,20 |
32.000,00 |
8.480,00 |
505,82 |
7.974,18 |
38.000,00 |
10.760,00 |
373,86 |
10.386,14 |
Attuale normativa
Reddito complessivo |
IRPEF lorda |
Detrazione |
IRPEF netta |
Differenza |
14.500,00 |
3.335,00 |
1.009,00 |
2.326,00 |
118,32 |
15.000,00 |
3.450,00 |
992,00 |
2.458,00 |
112,32 |
19.000,00 |
4.450,00 |
806,00 |
3.644,00 |
94,29 |
21.000,00 |
4.950,00 |
738,00 |
4.212,00 |
110,27 |
24.000,00 |
5.700,00 |
636,00 |
5.064,00 |
134,25 |
25.000,00 |
5.950,00 |
602,00 |
5.348,00 |
142,24 |
28.500,00 |
6.875,00 |
488,64 |
6.386,36 |
180,85 |
30.000,00 |
7.400,00 |
454,55 |
6.945,45 |
224,74 |
32.000,00 |
8.100,00 |
409,09 |
7.690,91 |
283,27 |
38.000,00 |
10.200,00 |
272,73 |
9.927,27 |
458,86 |
L’APE SOCIALE continua nel 2022: i requisiti
Tra le novità previdenziali introdotte dalla Legge di Bilancio, troviamo la proroga dell’Ape Sociale anche per il 2022 e nuove categorie di lavoratori che possono richiedere l’indennità.
L’indennità denominata APE SOCIALE (anticipo pensionistico), introdotta sperimentalmente per il periodo dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2019, è stata prorogata dalla Legge di Bilancio 2022 fino al 31 dicembre 2022.
Cos’è l’Ape Sociale?
È un’indennità che permette di ritirarsi dal mondo del lavoro e che “accompagna” i richiedenti all’età prevista per la pensione di vecchiaia (67 anni). Può essere richiesta da tutte le categorie dei lavoratori dipendenti, di quelli autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti) e da coloro iscritti alla Gestione Separata.
Quali sono i requisiti?
Per poter richiedere l’indennità, sono stati fissati dei requisiti generali e altre condizioni più soggettive:
- dal punto di vista anagrafico, l’APE Sociale è rivolta a coloro che abbiano almeno 63 anni di età
- dal punto di vista assicurativo, i richiedenti devono poter far valere alternativamente
- almeno 30 anni di contributi (disoccupati, invalidi civili con grado di invalidità maggiore al 74% e i cosiddetti “caregivers” cioè chi si occupa di assistere un familiare “in situazione di gravità”)
- almeno 36 anni nel caso siano stati lavoratori addetti ad attività “gravose” (per alcune specifiche categorie di lavori “gravosi” previste dalla normativa, il requisito è fissato a 32 anni di contributi).
Per le donne che si trovino nelle situazioni di stato di disoccupazione o di occupazione in lavori “gravosi”, i suddetti requisiti contributivi sono ridotti di 12 mesi per ogni figlio, per un “bonus” massimo di due anni.
Nello specifico i requisiti più soggettivi richiesti, oltre a quello contributivo, sono i seguenti:
- Disoccupati che abbiano:
- cessato il rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o per risoluzione consensuale e percepito integralmente l’indennità di disoccupazione NASPI
- avuto un periodo di lavoro, nel triennio precedente alla data di cessazione, della durata di almeno 18 mesi
- Lavoratori che, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap “in situazione di gravità”, oppure un parente o un affine di secondo grado, quando tale soggetto abbia i genitori o il coniuge ultrasettantenni, anche essi invalidi.
- Lavoratori con riconoscimento di invalidità civile pari almeno al 74 %
- Lavoratori inseriti nelle categorie di attività “gravose”, possono richiedere l’indennità dell’APE Sociale se hanno svolto per sette anni, nell’ultimo decennio, o per sei anni negli ultimi sette, una delle attività previste specificatamente dalla normativa
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Raffaele De Leo - Patronato acli nazionale
EMERGENZA PFAS La relazione dell'inviato Onu Marcos A. Orellana sulla recente visita condotta in Italia e nel Veneto
Oltre 300.000 persone coinvolte dall’inquinamento dell’acqua nella nostra regione, con conseguenze gravi e durature.
Oltre agli interventi già avviati è necessario definire criteri precisi e restrittivi sugli inquinanti organici persistenti, a livello nazionale
Il 13 dicembre 2021 Marcos A. Orellana, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle implicazioni per i diritti umani nella gestione e nello smaltimento ecocompatibile di sostanze e rifiuti pericolosi, a conclusione della visita condotta in Italia dal 30 novembre al 13 dicembre, ha stilato la sua relazione di fine visita. Il documento dà ampio Spazio e attenzione al problema dell'inquinamento dell'acqua e dei terreni da PFAS.
Da gennaio 2020 è in corso presso il tribunale di Vicenza il processo per il più grave inquinamento da Pfas in Europa. I numeri del processo sono molto significativi: sono imputati 15 ex vertici della Mitemi, fabbrica di Trissino fallita nel 2018, accusata di avere inquinato per vari anni con sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) l’acqua che arriva nelle abitazioni di 300mila famiglie venete; oltre 300 le parti civili, tra cui le Mamme no Pfas, il movimento che per primo e più di ogni altro si è esposto e si sta impegnando, la Regione, Comuni, Ministeri, Istituzioni, privati cittadini, ex lavoratori e numerose associazioni ambientaliste; circa 150 sono i testimoni chiamati al processo.
Il documento riporta alcune note positive in merito alle collaborazioni e disponibilità incontrate durante la visita. “Vorrei esprimere la mia sincera gratitudine al governo italiano per l’invito e per l’eccellente cooperazione e gli sforzi profusi nel garantire che questa visita potesse apportare tutte le informazioni possibili. Sono molto grato per le discussioni franche e costruttive avute con i funzionari del governo nazionale e delle amministrazioni regionali… Ho apprezzato l’opportunità di visitare Porto Marghera a Venezia, la zona rossa contaminata da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) in Veneto, il quartiere Tamburi vicino all’impianto ILVA a Taranto, l’area conosciuta come Terra dei Fuochi in Campania e l’impianto di termovalorizzazione di San Vittore nel Lazio… Sono anche molto grato per gli scambi avuti con i rappresentanti della vibrante ed attiva società civile italiana.”
E qui finiscono le buone notizie, si perché, almeno per quanto riguarda in particolare il territorio della provincia vicentina, i risultati non sono positivi, non solo quelli relativi alla qualità della vita, ma soprattutto per la governance ambientale; e se non ci siamo riusciti noi, abituati da decenni a tenere alta l’attenzione su certi temi, forse è giunto il momento di cambiare non solo il modello di governo del suolo, ma anche gli strumenti di controllo.
Continua Orelliana: “…L’Italia ha dimostrato una forte leadership in materia ambientale, come quando nel 1992 è diventata pioniere nella proibizione dell’amianto. In questo contesto invito l’Italia a ratificare la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti e ad intraprendere un’azione decisiva per risolvere il problema legato alla contaminazione da PFAS…” Ad oggi, dunque, Italia con Haiti, Israele, Malesia e Stati Uniti non l’hanno ancora ratificata. Per completezza di informazione, la “Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti”, stabilita in occasione di un convegno tenutosi a Stoccolma dal 22 al 23 maggio 2001, è stata firmata dall’Italia (anche da USA e Israele), perché si poneva come obiettivo l’eliminazione e la diminuzione di alcune sostanze nocive per la salute umana e per l’ambiente, definite come inquinanti organici persistenti. Ma non è stata ratificata forse perché fin da subito è partita la corsa agli emendamenti… ogni paese può chiedere di escludere o includere una sostanza.
Venendo al dettaglio dei PFAS, il relatore così continua: “Sono seriamente preoccupato dall’entità dell’inquinamento da PFAS (anche noti come prodotti chimici eterni perché persistono e non si degradano completamente nell’ambiente) in alcune aree della regione Veneto. Più di 300.000 persone nella regione sono state colpite dalla contaminazione dell’acqua da PFAS, compresa l’acqua potabile. I residenti della zona hanno sofferto gravi problemi di salute, come infertilità, aborti e diverse forme di tumori, tra gli altri. La dimensione umana del problema ci è stata presentata da una delle madri che abbiamo incontrato durante la visita: “Potete immaginare cosa significa per una madre rendersi conto di aver avvelenato i propri figli attraverso il latte materno?”.
Per diversi decenni, l’azienda chimica Miteni ha prodotto PFAS a Trissino (Vicenza) e ha rilasciato i suoi rifiuti senza controllo, inquinando le acque superficiali e sotterranee e la catena alimentare, colpendo zone di Verona, Vicenza e Padova. Mentre i responsabili dell’azienda sembravano essere consapevoli dello scarico di rifiuti e dell’inquinamento conseguente; tuttavia, non hanno offerto adeguate misure di protezione ai lavoratori, né hanno divulgato informazioni sulla gravità dell’inquinamento da PFAS”.
“Nel 2013, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha informato le autorità regionali della presenza degli inquinanti PFAS. Le autorità regionali del Veneto hanno intrapreso una serie di azioni, come l’installazione di filtri a carbone per purificare l’acqua potabile nelle aree più inquinate e la segnalazione del caso alla procura. Nel tempo, altre misure hanno incluso la revisione delle autorizzazioni delle aziende che usano PFAS per stabilire i limiti di scarico dei PFAS, oltre che investire in un sistema di opere pubbliche per portare acqua non inquinata nella zona”.
“Tuttavia, le autorità non hanno informato i residenti delle aree colpite né hanno dato informazioni sull’inquinamento da PFAS e sui rischi sulla salute della popolazione. Alcuni residenti sono venuti a conoscenza del problema della contaminazione tossica nel 2016-2017, quando la regione ha avviato un piano di sorveglianza sanitaria per la popolazione esposta ai PFAS nella critica zona rossa”.
“Le autorità regionali stanno anche monitorando la situazione sanitaria di alcuni abitanti e di alcuni prodotti alimentari in relazione all’inquinamento da PFAS. Tuttavia, questo monitoraggio è limitato alla zona più inquinata, il che solleva serie preoccupazioni per coloro che vivono nelle altre zone colpite circa il livello di inquinamento da PFAS nei loro organismi e la sicurezza dei prodotti alimentari che consumano”.
“Prendo atto che il Tribunale di Vicenza ha avviato un procedimento penale per reati ambientali a carico di 15 imputati coinvolti nelle operazioni della Miteni, e intendo seguirlo da vicino. Prendo anche atto che diverse parti civili si sono costituite nel procedimento. Nell’ipotesi in cui il tribunale dovesse dichiarare la responsabilità civile degli imputati, confido che l’Italia possa cooperare con quelle giurisdizioni in cui gli imputati hanno dei beni, al fine di rimediare alla decisione del Tribunale, assicurare il risarcimento alle vittime e soddisfare il principio “chi inquina paga”. Sottolineo che l’inquinamento da PFAS non si limita all’attività dell’impianto Miteni. Esso risulta altresì dall’attività di piccole e medie imprese all’interno e all’esterno della regione che utilizzano i PFAS nei loro processi produttivi e scaricano acque contaminate, tra cui per esempio l’industria tessile e del cuoio”.
“Inoltre, vorrei evidenziare che l’inquinamento legato ai PFAS non si limita al Veneto. Tra le altre aree interessate, la contaminazione da PFAS è preoccupante lungo il principale bacino italiano, la valle del Po. Sono particolarmente preoccupato per la produzione di PFAS da parte della società Solvay, attualmente in corso a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria, in Piemonte. Questa operazione potrebbe creare un disastro ambientale simile a quello sofferto dalle comunità colpite in Veneto. Prendo atto della mancanza di regolamentazione dei PFAS a livello nazionale. Invito l’Italia ad adottare le misure necessarie per la restrizione dell’uso di queste sostanze a livello nazionale, e ad esercitare la sua leadership a livello regionale, mentre l’Unione Europea si prepara ad affrontare le gravi minacce per la salute e l’ambiente poste dai PFAS.”